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sabato 28 novembre 2015

La Mara Salvatrucha: la globalizzazione del crimine


El Salvador, anni Ottanta. La guerra civile impazza, il Paese è nel caos. Migliaia di cittadini del Paese ceontroamericano emigrano verso gli USA, legalmente, perché l’Amministrazione Reagan, che supporta il Governo militare fascista, cerca di ripulire la sua immagine aprendo le braccia ai salvadoregni in fuga, o clandestinamente. Fra questi, alcuni appartenenti agli squadroni della morte dell’estrema destra, che, con la copertura della CIA, si rifanno una vita negli USA, ed alcuni disertori dell’Esercito governativo. Ma anche molti guerriglieri del FMLN, la guerriglia marxista-leninista supportata da Cuba e dal Nicaragua sandinista, che fuggono dalla repressione militare che segue ai due tentativi di offensiva del FMLN, del 1981 e del 1989, duramente soffocati. La fuga di massa dei guerriglieri del FMLN è legata all’attività di Sombra Negra, gruppo paramilitare finanziato dalla CIA, che ha il compito di uccidere tutti i componenti della guerriglia comunista.
Soprattutto questi ex guerriglieri si localizzano nell’area di Los Angeles, creando, inizialmente, una associazione di protezione degli immigrati salvadoregni, con il compito di difenderli dalle aggressioni e prepotenze di altri gruppi di migranti, soprattutto guatemaltechi e messicani. Per fare ciò, circolano le armi e l’addestramento militare indurito in lunghi anni di guerriglia non si dimentica mai. Tra gli immigrati salvadoregni, ci sono moltissimi ragazzi ed adolescenti, rimasti senza la famiglia, massacrata nella guerra civile oppure abbandonata nel Paese natio. Ragazzi allo sbando, che cercano qualcuno, o qualcosa, che sostituisca una famiglia. E che vengono arruolati in massa nell’organizzazione di autodifesa. Gli ex guerriglieri ed ex militari li addestrano all’uso delle armi, alla disciplina. Nel giro di pochi anni, c’è un piccolo esercito di diverse migliaia di soldati, che mantiene i legami con la madrepatria, armato di tutto punto. A quel punto, nel caos tentacolare di Los Angeles, città crudele controllata da gang latinoamericane e nere che arricchiscono, nella povertà generale delle periferie, con il traffico di armi e droga, nel contesto di duro confronto etnico, che culminerà, nel 1991, con il pestaggio del giovane nero Rodney King da parte della polizia, con una conseguente sommossa che metterà la città a ferro e fuoco per settimane, localizzata nel ventre dell’enorme ghetto di South Central in cui viveva la comunità salvadoregna, la tentazione di imitarle, ed avviare attività criminali, diventa irresistibile.
L’uccisione di due leader della gang salvadoregna fa esplodere la violenza nelle strade di Los Angeles. Il salto di qualità avviene quando si stringe una alleanza operativa con una gang storica, la cosiddetta “Mafia messicana”, che garantisce alla Mara rispetto e protezione nell’ambiente criminale cittadino. Nasce ufficialmente la Mara Salvatrucha, o Ms-13. Il nome della gang alimenta un dibattito infinito. Probabilmente il termine “mara” deriva dal nome di una formica centroamericana, particolarmente aggressiva. “Salvatrucha” è un termine gergale per definire i salvadoregni. Anche se sin dall’inizio delle attività criminali, la mara accoglie anche honduregni, guatelmaltechi, messicani, nicaraguensi, persino piccole percentuali di neri. Sin dall’inizio, si caratterizza come una delle gang più violente mai viste nelle strade di Los Angeles . La sua rivalità con gli scissionisti di Barrio 18 o con i Latin Kings fa scorrere il sangue. Il numero 13, considerato numero fortunato da molti latinoamericani, è presente in numerosi tatuaggi identificativi. I membri della gang, infatti, per farsi riconoscere, si tatuano il corpo con il nome della Mara, il numero 13, parole come “Sur”, o simboli ed immagini sataniste. Gli stessi simboli dei tatuaggi vengono usati per i graffiti con i quali demarcano le zone sotto il loro controllo dell’enorme ghetto suburbano di L.A. gli altri membri di gang diverse sono avvertiti: entrare in quelle zone significa morire. Elaborano un codice di segni e gesti, in parte mutuati dalle gang afroamericane, per comunicare, fra cui le corna, come simbolo del Diavolo. 

La disciplina militare è assoluta, ogni infedeltà viene punita con la morte, il motto è “se vive por la mara y se muere por la mara”. Non ci sono eccezioni: persino uno dei fondatori storici della Mara, Ernesto Miranda, detto “Smokey”, ex militare governativo, viene assassinato per essersi rifiutato di partecipare alla festa per la scarcerazione di una appartenente alla Mara. Un rifiuto interpretato come una ribellione. Per entrare dentro il gruppo, il neofita deve accettare di farsi picchiare selvaggiamente per 13 secondi di fila, oppure di entrare nella zona di una gang rivale per commettere un omicidio. Le donne sono molto raramente accettate, se non come mogli ed amanti dei componenti maschi, e sottoposte in modo totale agli ordini degli uomini.
Nel 1996, le Autorità statunitensi, nel tentativo di sradicare il gruppo, commettono un errore esiziale. Deportano migliaia di immigrati salvadoregni sospettati di appartenere alla Ms-13 nel Paese di origine. L’errore è tragico: i mareros deportati ricostituiscono la Mara in El Salvador, ed utilizzano le relazioni maturate nel periodo trascorso negli USA per costituire una criminalità transnazionale. Da El Salvador, un flusso enorme di armi, droga e prostitute prende la strada degli USA, accolto dai terminali statunitensi della Mara. In cambio, un flusso enorme di dollari esportati per essere riciclati destabilizza la già fragilissima economia salvadoregna.
La Mara si organizza in una pluralità di cellule semi-autonome, che pian piano, come un contagio, si diffondono in tutti gli USA, e nei Paesi centramericani limitrofi, tanto da destabilizzarli: il vicino Honduras diventa il secondo Paese per numero di omicidi al mondo. La classe dirigente honduregna viene sottoposta a enormi pressioni. Quando, nel 2004, l’allora presidente honduregno presenta un progetto per ripristinare la pena di morte contro i membri di gang, la Mara uccide, per rappresaglia, 28 persone, molte delle quali donne e bambini, su un autobus. Quando il successore prende il potere, il giorno stesso del suo insediamento, trova davanti a casa una valigia, con dentro un cadavere smembrato e decapitato. Un avvertimento molto chiaro a non proseguire nelle politiche del predecessore. In El Salvador, la Mara è riuscita, nel 2012, a coinvolgere il Governo e la Chiesa locali nel negoziato di un accordo di tregua con gli storici rivali del Barrio 18, accreditandosi come interlocutore politico.
Alla fine, la Mara diventa una organizzazione che conta fra i 30.000 ed i 50.000 membri, ed un milione e mezzo di sostenitori esterni, diffusa praticamene in tutto il mondo, ovunque vi siano comunità di emigrati latinoamericani nelle quali insediarsi (è di qualche mese fa circa l’apparizione della Mara in Italia, con il truculento episodio di Milano: ad un capotreno viene amputato il braccio a colpi di machete da un giovane ecuadoriano, riconosciuto poi come membro della Ms-13 per i tatuaggi sul corpo). Si articola su decine di migliaia di cellule autonome, ognuna delle quali avente la sua gerarchia interna (articolata sul leader, chiamato palabrero, e sui sottocapi, chiamati primera palabra o segunda palabra) che però riconoscono una sorta di autorità centrale di coordinamento internazionale, ubicata a El Salvador, una cupola chiamata Ranfla Nacional. Si tratta di una vera e propria gang globalizzata, che sfrutta la globalizzazione per reclutare membri fra i giovani immigrati, e per commerciare droga, armi e prostitute lungo le rotte commerciali mondiali, oppure per organizzare la tratta dell’emigrazione clandestina verso gli USA attraverso il Messico. Una struttura molto flessibile, che adegua le sue attività al singolo contesto nazionale in cui opera. Mentre negli USA, opera come una tradizionale gang suburbana di strada, nel Centroamerica si occupa di racket, estorsioni e commercio di armi. In Europa, ed in Italia in particolare, sfruttano la loro capacità di controllo del territorio per offrirsi come intermediari fra i grandi gruppi mafiosi che importano lo stupefacente, e la rete degli spacciatori di strada.
Una gang globalizzata che ha elaborato un linguaggio di tatuaggi, simboli e gesti per comunicare fra cellule diverse, operanti in diversi Paesi. Che in molte carceri centroamericane ha creato una sorta di autogestione: le guardie carcerarie vengono allontanate, i carcerati si autoamministrano, trasformando il carcere in una sorta di periodo di riposo in mezzo al lusso, dal quale continuare ad organizzare le attività criminali esterne (come nel penitenziario salvadoregno di Ciudad Barrios, che è occupato da 2.500 mareros, senza nessun secondino all’interno della struttura, e l’Esercito posto all'esterno, per impedire le fughe).

Una gang di rinomata ferocia nel mondo criminale mondiale, tanto che diversi mareros vengono reclutati come mercenari, da parte del cartello di Sinaloa guidato dal “Chapo” Guzmán, per combattere nella guerra di droga che infiamma il Nord del Messico. Che sfrutta la miseria e la disperazione per reclutare ragazzi di strada, fra i 13 ed i 17 anni, trasformandoli in crudeli assassini tramite una vera e propria scuola del crimine interna ad ogni cellula. Talmente pericolosa da aver indotto l’FBI, nel 2004, a creare una task force nazionale contro le gang, un centro nazionale di intelligence ed una strategia nazionale di contrasto alle gang sottoposta al Congresso. 

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