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giovedì 9 agosto 2018

La prima legge di bilancio del nuovo Governo gialloverde: il quadro generale


Si va delineando, in termini ovviamente ancora molto generali, la manovra di bilancio del Governo gialloverde. Le indicazioni fornite da Tria in una lunga intervista sul Sole 24 Ore sono infatti piuttosto significative. Da un lato, si punterà (probabilmente mettendo sul piatto anche la relazione privilegiata costruita con Trump, oltre che il timore di altri Stati membri che l’attuale fase di rallentamento della crescita si trasformi in una nuova recessione globale – non è un caso che Tria dica “non è nell’interesse della Commissione Ue una nuova fase di instabilità”) ad ottenere in sede europea una ulteriore flessibilità nel percorso di convergenza verso il pareggio strutturale di bilancio (si parla sottovoce della richiesta di un anno di slittamento nel conseguimento del pareggio strutturale, dal 2020 al 2021, una cosa che, se ottenuta, libererebbe circa 13 miliardi di maggiore margine, di fatto coprendo la disattivazione delle clausole di salvaguardia, che costa 12,4 miliardi).
Tale richiesta sarà supportata, come dice Tria, da una ricomposizione del bilancio dello Stato, mediante un maggiore peso della spesa in conto capitale rispetto a quella corrente. E ciò si otterrebbe sia con una spending review di tipo selettivo (che non incida cioè su voci come la scuola, la ricerca e la sanità) sul versante della spesa corrente, sia con una ripresa degli investimenti pubblici “a costo zero”, cercando, anche con una revisione semplificatrice del codice degli appalti, di sbloccare investimenti per i quali la spesa è già stata stanziata in esercizi precedenti, ma rimasti bloccati dall’assenza della progettazione definitiva o dalle farraginosità amministrative (gli effetti finanziari dello sblocco di investimenti già finanziati, quindi, sarebbero meramente contabili, spostando la competenza al 2019, ma non effettivi, essendo già stati previsti gli appostamenti di bilancio necessari).
Dall’altro lato, si cercherà di dare avvio a moduli “sperimentali” e non definitivi dei due provvedimenti di bandiera, ovvero la flat tax ed il reddito di cittadinanza. La prima bandiera (la flat tax) prevederà, probabilmente, l’estensione del regime fiscale forfettario ad aliquota unica già esistente per autonomi, piccoli imprenditori ed artigiani ed una prima rimodulazione/riduzione del numero di aliquote e scaglioni dell’Irpef. Tale operazione sarà finanziata con un taglio alle tax expenditures ed ai bonus (ivi compreso quello degli 80 euro) con il vincolo che il nuovo sistema che ne esca non danneggi fiscalmente nessuno (quindi i redditi medio-bassi dovrebbero rimanere al riparo dal taglio delle deduzioni e detrazioni più tipiche di tale fascia reddituale, e compensare la perdita degli 80 euro con un aumento della no-tax area).
La seconda ingloberà strumenti welfaristici già esistenti (sicuramente il reddito di inclusione già varato dal Governo Gentiloni, gli strumenti di lotta alla povertà e forse qualche altro strumento assistenziale esistente) dentro uno strumento unico, coprendo la parte delle politiche attive di inclusione mediante il FSE (il che richiederà, probabilmente, una riprogrammazione dei PO regionali FSE per centralizzare le risorse a beneficio di Anpal, al fine di potenziare i Centri per l’Impiego, destinatari di maggiori risorse umane tramite la concentrazione su tale settore delle assunzioni previste per la PA). In questo caso, probabilmente, l’attuazione dello strumento universalistico sarà limitata ad una prima fase sperimentale, poiché, come Tria ha specificato, il pieno dispiegamento dello strumento andrà conseguito, anno per anno, in funzione delle maggiori risorse che dovessero rendersi disponibili. Probabilmente, con la prossima legge di bilancio, vedremo soltanto la nascita di uno strumento “a costo zero”, che ingloba cioè diversi strumenti assistenziali i cui costi sono già a carico del bilancio dello Stato, con un meccanismo più semplice e diretto nell’accesso ai benefici monetari da parte dei beneficiari (che, con le norme ed i controlli attuali, spesso devono attendere dei mesi dalla domanda per poter percepire il contributo) e con una prima previsione di investimento nel potenziamento dei Centri per l’Impiego in funzione di ricollocazione dei soggetti sul mercato del lavoro.
Per il resto, filtra davvero poco. La questione delle grandi infrastrutture (TAP e TAV) non indifferente in termini di creazione di occupazione di cantiere e quindi di crescita rimane riservata alla discussione politica in atto fra i due contraenti della maggioranza. Di sicuro, dovrebbe esserci la proroga degli incentivi fiscali all’acquisto di beni capitali nuovi (il super e l’iper ammortamento) che saranno quindi rifinanziati. Di Maio ha anticipato l’inserimento di una misura di riduzione del cuneo fiscale e contributivo per nuove assunzioni a tempo indeterminato, ma il silenzio di Tria lascia percepire che le coperture finanziarie non sono state ancora trovate.
Possiamo interrogarci sul contenuto espansivo di tali misure, anche se la discussione è relativamente sterile, nella misura in cui una legge di bilancio fatta a saldo zero è intrinsecamente non espansiva ma, d’altra parte, il rilancio degli investimenti pubblici bloccati e di misure fiscali ed assistenziali possono generare effetti occupazionali di cantiere, da un lato, e migliori aspettative, con un riflesso sui consumi e la domanda aggregata, dall’altro. Ciò che deve preoccupare in termini di profilo futuro della crescita è, piuttosto, la fine prematura della politica monetaria espansiva della Bce che, in una fase in cui la crescita globale è ancora debole ed incerta, anche a causa delle crescenti tensioni internazionali, potrebbe indurre un aumento del tasso di interesse, in un contesto in cui le banche non hanno ancora raggiunto livelli ottimali di equilibrio nel proprio portafoglio di attività ponderato per il rischio e quindi non sono ancora in grado di sostenere una espansione del credito elevata. Tra l’altro, la crescita del valore dei derivati sui tassi di interesse negoziati sui mercati over the counter, che nel 2016, con i suoi 3.000 miliardi di dollari, ha raggiunto una massa pari al 140% di quella degli anni pre-crisi (dato di fonte Banca dei Regolamenti Internazionali), indica un pericoloso mix fra sviluppo di posizioni speculative e Ponzi-type in assenza di un vero e proprio boom economico, ma di una crescita ancora modesta.
Questi sono i veri rischi della crescita, e si risolvono soltanto con una regolamentazione internazionale della crescita della finanza speculativa e del ruolo di prestatore di ultima istanza delle Banche Centrali, nonché con strumenti e metodologie più accurate di early warning in corrispondenza di possibili crisi finanziarie e con politiche moderate e selettive di protezione delle produzioni interne nei confronti delle economie emergenti a forte dumping sociale, non certo facendo grandi analisi sulla legge di bilancio di un singolo Paese.

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