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giovedì 30 maggio 2019

Fca- Renault. Dove ci sono spazi per un vero sovranismo?

La fusione di Fca con Renault e Nissan (un prodotto emblematico del fallimento di queste operazioni fu l'Arna, costruita in partnership Alfa Romeo-Nissan, un fiasco che però servì ai giapponesi per impadronirsi della tecnologia motoristica Alfa, allora all’avanguardia) e’ una forma larvata di cessione dell’azienda da parte degli Agnelli.

Avendo la Fca un valore aziendale pari al doppio di quello di Renault, la capitalizzazione del nuovo soggetto avra’ un costo differenziato fra i due soci (18 mld di fonte Fca, 15 di fonte Renault) ma la Governance sara’ paritaria, quindi la Regie avra' un peso sovradimensionato nella gestione della nuova societa’,  (4 consiglieri a testa nel CDA) anche se in Assemblea Exor avrà, almeno inizialmente, una maggioranza relativa. Ma si sa: è il CDA a comandare veramente, una volta che l'Assemblea ordinaria lo ha nominato, con il vincolo di rappresentanza paritaria fra i due.
Per Renault e per lo Stato francese si tratta di un affarone: una azienda sottodimensionata ed in forte crisi di mercato si ritroverà a sfruttare mercati sui quali, oggi, è assente ( come quello statunitense o sudamericano) e potra’ gestire un colosso mondiale in condizioni paritarie con l'altro contraente, pur essendo questo più grande e di maggior valore, versando una quota di capitale meno onerosa.

Lo Stato francese, che manterrà il 7,5% del capitale, potrà avere il suo rappresentante in CDA per la parte Renault, che garantirà che i posti di lavoro, gli investimenti e le attività di ricerca e progettazione in Francia siano preservate, mentre da parte italiana ci sarà solo una famiglia privata, già dalla morte di Gianni Agnelli del tutto disinteressata alle sorti del Paese, interessata perlopiu’ al dividendo di 3 miliardi che potra’ ottenere dal coambio fra azioni Renault, di modesto vaLLlore, e piu’ pregiate azioni Fca.

E’ ovvio che le promesse di non tagliare produzione e occupazione sono poco credibili nel caso di un merger, a meno che non vi sia un socio pubblico di peso che le controlli.

Si profila, di fatto, l’estinzione lenta, diciamo nell’arco di 5 o 10 anni, dell’automotive in Italia, un comparto che vale circa il 10% del PIL manifatturiero e della relativa occupazione, sacrificato alle logiche di razionalizzazione dell’attivita’ sottese ad ogni fusione fra due aziende.

Si potra’ obiettare che la fusione serve a Fca per entrare nel mercato dell’auto elettrica, dal quale e’ esclusa per aver accumulato un ritardo tecnologico oramai imcolmabile. Ma non si uccide il malato, lo si cura. Con la politica industriale ed investimenti pubblici e privati, non disdegnando il reverse engineering, come fecero Paesi arretrati che sono cresciuti rapidamente, come la Corea del Sud.

Stavolta fa male Salvini a plaudere passivamente a questa operazione, come un Fassino o un D’Alema ai tempi della fusione marchionnesca fra Fiat e Chrysler, che alla fine porto’ la sede legale (ed il gettito fiscale) in Olanda, e la chiusura di stabilimenti in Italia, come Termini Imerese, oltre a milioni di ore di Cig, pagata dal contribuente, per gli occupati rimasti.

Salvini dovrebbe andare da Elkann e pretendere di acquisire una quota minoritaria del capitale del nuovo soggetto, in modo che lo Stato italiano abbia un rappresentante nel cda, oppure dovrebbe estendere la normativa sulla golden share al settore automotive, in modo da porre il veto ad operazioni di dismissione o trasferimento di asset produttivi o di ricerca-progettazione presenti nel Paese.

I tedeschi, i francesi, gli olandesi, che stanno nell'Euro come noi, hanno capito come so può continuare a difendere l'interesse nazionale pur senza avere la propria valuta: facendo politica industriale, senza disdegnare affatto le Partecipazioni Statali, che da noi schiere di imbecilli targati Pd vedono come un divieto assoluto. E senza curarsi di trasgredire alle regole europee sugli aiuti di Stato, persino ad imprese in crisi.
E’ sulle politiche industriali, non sulle favolette di Italexit o di monete parallele, che si puo’ con realismo esercitare sovranismo. 

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