Iniziamo una breve carrellata di
articoli di analisi dei programmi elettorali dei diversi schieramenti per il
Comune di Livorno. Per ordine di presentazione, avviamo l’analisi dal programma
di Luca Salvetti, candidato sindaco per il Pd, Articolo 1 e il movimento di
Raspanti e Cepparello (i due che con Buongiorno Livorno nel 2014 fecero dichiaratamente
la guerra al Pd, fino ad offrire appoggio elettorale al M5S al ballottaggio, e
che adesso, deposte le armi, sono confluiti dentro il Pd).
Iniziamo con il dire che non si
tratta di un programma elettorale, ma di una dichiarazione di intenti. Si limita
infatti ad elencare, in modo peraltro confuso e poco leggibile, una serie di
buoni propositi, senza indicare le priorità, le fonti finanziarie e gli strumenti
programmatici con i quali si intendono realizzare i buoni propositi.
In materia di sviluppo economico,
che poi è il cuore del tragico declino di Livorno, si ripropongono, citandoli,
i progetti già in atto, come la Darsena Europa e la crocieristica. Date come
apoditticamente in grado di rilanciare le sorti del porto, senza nessuna
analisi delle reali prospettive future del traffico container (per il quale
Darsena Europa è stata concepita) posto che, nella recente missione d’affari
precedente la stipula degli accordi commerciali per la Nuova via della Seta, i
cinesi hanno chiaramente espresso la loro preferenza per gli scali di Genova e
La Spezia, e che non si fornisce, nemmeno a grandi linee, un progetto di
massima sul radicamento in città del turismo crocieristico, che rischia di
essere di mero passaggio verso altre mete della Toscana. Persino il fantomatico
progetto di creazione di una sorta di metropolitana di superficie che parta
dalla ex stazione FFSS di San Marco per collegare Pisa (ma chi lo paga un
simile progetto? Esiste nel PON Trasporti ed Infrastrutture? E’ stato negoziato
nella ripartizione del Fondo Sviluppo e Coesione? E’ missione ed interesse di
Trenitalia entrare nel mercato delle metropolitane urbane?) sembra idoneo a far
fuggire verso altre destinazioni i crocieristi appena sbarcati, anziché cercare
di trattenerli fos’anche qualche ora in città per fare qualche spesa.
Sull’industria, considerando che
Livorno è pur sempre una città industriale, seppur in profonda crisi da
deindustrializzazione, non si spende un rigo, tranne che per l’idea di
convertire la raffineria di Stagno in una bioraffineria, di per sé anche buona,
a Porto Marghera ed a Gela ha funzionato, ma non si sa se tale idea sia stata
minimamente approfondita con il proprietario dell’impianto, ovvero con l’ENI, o
se sia tutta da verificare. Bene anche l’idea di un censimento delle aree
industriali disponibili, è dagli anni Novanta che se ne parla, ma per fare
attrazione di investimenti serve la capacità di allestire pacchetti
localizzativi, partendo da un’idea evolutiva delle vocazioni produttive
esistenti, incrociandola con la domanda di IDE, e per farlo serve una
competenza di politica industriale che, obiettivamente, da quando Spil è
diventata un gestore di parcheggi, il Comune non ha più, e non si capisce come
potrebbe ricostruirla.
Ricorre, perché è trendy, l’idea
del Centro Commerciale Naturale, che il Pd vorrebbe insediare dentro il Pentagono,
e che, in fondo, sembra essere poco più dell’evoluzione del mercatino già
esistente a piazza Garibaldi e del piccolo commercio limitrofo. Purtroppo,
anche se non si dice esplicitamente, la questione sembrerebbe anche collegarsi
con la proposta di “aree pedonali” nel centro, non si dice bene dove. Trasformare
in area pedonale il Pentagono significherebbe spaccare in due la città,
distruggendo ogni forma di mobilità.
Taccio per carità di Patria sull’idea
di un “CNEL livornese”. La cosa si commenta da sola. Siamo al ritorno delle
vecchie pratiche deleterie di concertazione permanente, con soggetti sindacali,
peraltro, sempre meno rappresentativi del mondo del lavoro reale.
La parte sulle politiche
socio-sanitarie ha alcuni aspetti di involontario umorismo, come quando si
afferma che si vuole fare contrasto alla povertà aumentando le assunzioni nei
servizi sociali (allora ditelo esplicitamente che sono parassiti) o temi
banali, o addirittura che si dubita possano essere di competenza del Comune.
La proposta di riduzione degli
oneri concessori che Casalp paga ai soci pubblici, al fine di liberare risorse
per la manutenzione straordinaria di alloggi popolari sfitti, è una buona idea,
se non fosse che è già stata ampiamente sperimentata nella consiliatura
attuale, ed ovviamente, trattandosi di un introito per il bilancio comunale, non
potrà essere ridotto più di tanto, e tanto meno “azzerato”, come dice il
documento. Nessuno pensa di accedere ai Fondi governativi (seppur
oggettivamente molto ridotti) per l’edilizia popolare, o ai fondi per il social
housing che CCDDPP mette a disposizione degli enti locali, per evitare di far
gravare sul bilancio comunale il peso dei necessari interventi.
Le proposte sulla sicurezza sono
fatte della stessa materia con cui sono fatti i sogni. Ci si trova di fronte a
quartieri il cui livello di degrado sociale ha raggiunto limiti tali da rendere
impensabile una “gentle suasion”, ed a richiedere itnerventi energici. Affermare
che occorrono “interventi atti a favorire una cittadinanza attiva, la
consapevolezza dell’appartenenza al territorio urbano e lo sviluppo della vita
collettiva. L’accesso ai diritti contribuisce a facilitare il diritto alla
sicurezza” è, ovviamente, pura demagogia. E’ con la militarizzazione ed il
pugno duro che si combatte il degrado estremo in ambito urbano, non con “l’insediamento di associazioni e gruppi di
volontariato nei quartieri più difficili, in modo da mettere in moto buone
pratiche di comunità” o “la valorizzazione degli spazi per le arti e
la circolazione di idee e cultura”. E’ con una lotta molto severa al
degrado urbano, alla sporcizia, al vandalismo ed agli atti di deturpazione che
si crea sicurezza. E non lo dico io, lo dice la migliore teoria criminologica
esistente (cfr. l cosiddetta “teoria della finestra rotta”, di Wilson e
Kelling).
Poi ci sono gli evergreen, ovvero
i progetti che ricicciano fuori da anni: la cittadella dello Sport (personalmente
fornii questa idea all’allora candidato Ruggeri nel 2014, ho ancora la mail lì
a dimostrarlo) e l’ospedale, senza però fornire dettagli su come si intende
procedere, con quali partner, con quali soldi, con quale progettualità.
Non si spende una parola sulla
riorganizzazione e riqualificazione della macchina amministrativa comunale e
delle sue partecipazioni ed in-house, molto grillescamente affidandosi alla
consueta partecipazione dal basso dei cittadini, tramite comitati e varie forme
di sussidiarietà, senza però dire che tale mobilitazione non produce niente, se
non viene sintetizzata e riportata dentro una pianificazione che solo l’ente è
in grado di realizzare (è in fondo il limite della proposta pentastellata).
Anche la parte sui trasporti è
generica, intrisa di slogan buoni per tutte le stagioni (sostenibilità,
integrazione, visione strategica, inserimento del PUMS nella programmazione di
area vasta) ma non fornisce una idea di quali scelte si faranno.
Si chiude il tutto con il solito
buonismo di sinistra: iscrizioni anagrafiche free per tutti i richiedenti
asilo, per i “figli delle coppie omosessuali” (quindi la Livorno di Salvetti
sarà genderizzata), pari opportunità per tutti, indipendentemente da nazionalità,
passaporto, orientamento sessuale (olé), se gli puzzano i piedi o meno, purché
non ci siano “cittadini di serie B”. In questa collezione di stereotipi mirati
allo sradicamento identitario mi stupisce che manchi la frase “nessuno resti
indietro”, evidentemente hanno scopiazzato male. Ad ogni modo questo castello
crolla non appena ci si trova di fronte alle scelte reali: in condizione di
vincolo di bilancio, allargare i cordoni del welfare locale a tutti significa,
di fatto, limitare i diritti degli italiani e delle famiglie eterosessuali,
italiane, normali, quelle che portano il peso del lavoro, del pagamento di tasse
e tariffe, quelle che dovrebbero essere in cima alle priorità, non mescolate in
un pastone multi-gender e multi-culturale.
Volendo salvare qualcosa, mi
sembrano leggermente più realistiche le idee sull’economia circolare, in
particolare sul ciclo integrato dei rifiuti (anche se, come al solito, non si
capisce bene chi e con quali soldi dovrà realizzare l’impiantistica di
riciclaggio dei materiali, che permetterà un graduale spegnimento dell’inceneritore).
Così come è positiva l’idea di creare una task force comunale per l’analisi e
la partecipazione ai bandi europei (e nazionali, vorrei ricordare agli eroi
eponimi dell’europeismo che esiste anche uno Stato che genera progetti e
bandi).
Nell’insieme, però, al di là di
alcuni aspetti puntuali condivisibili, il documento delinea una modestissima capacità
strategica, non fa intravedere una idea-forza di sviluppo, né una idea di come
si intende procedere. Emerge l’impressione di una sostanziale volontà di
ritorno allo status quo pre-2014, gestendo progetti di derivazione comunitaria,
nazionale e regionale già definiti e senza un protagonismo reale del livello locale,
producendo notevole fuffa pseudo-solidarista e genderista/alteromondista,
dietro la quale continuare ad occultare i problemi reali della città.
Alle prossime per l’analisi degli
altri programmi.
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