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lunedì 11 febbraio 2019

Abruzzo e oltre




L’analisi del voto in Abruzzo è abbastanza semplice e, insieme, molto importante, perché costituisce un rilevante passo in avanti verso il futuro del panorama politico. Per quanto non bisognerebbe mai paragonare elezioni politiche nazionali e regionali, perché mosse da leve e moventi diversi, non vi è dubbio che tale voto abbia risentito dell’andamento nazionale del governo attuale, e quindi in parte sia sovrapponibile con il voto politico del marzo scorso.
Il grosso dell’esplosione elettorale della Lega, almeno il 90-91%, proviene dall’elettorato di Forza Italia. La Lega guadagna infatti 60mila voti sulle politiche del 2018 e 165mila sulle regionali del 2014, mentre FI perde, in tali occasioni, rispettivamente, 55,6mila voti e 58mila voti. In particolare, la differenza fra i 165mila voti in più della Lega fra le due regionali e i 58mila voti in meno di FI ai due medesimi appuntamenti, ovvero 107mila voti, spiega in parte la crescita dei Fratelli d’Italia (+58 mila voti), il secondo beneficiario dopo la Lega del declino del partito di Berlusconi, ed in parte l’incremento di astensionismo fra le due tornate di elezioni regionali.
L’altro 9-10% di voto raccolto dalla Lega in più rispetto a marzo 2018 non può che provenire dal M5S. fra politiche e regionali, i pentastellati perdono una enormità di voti, quasi 185 mila. Di questi, circa 90-100 mila vanno a finire nella maggiore astensione, ed i restanti 85-95 mila, per una piccola quota (5mila all’incirca) vanno alla Lega, che così compone la sua crescita di 60mila voti con 55mila unità in arrivo da FI e 5mila dal M5S.
Ma gli altri voti persi dal M5S, al netto di qualcosa che potrebbe aver favorito il candidato di Cp, ma si tratta di frattaglie, vanno molto probabilmente a finire nel centrosinistra. Infatti, nel centrosinistra, il Pd perde, sempre rispetto alle politiche di marzo, 38mila voti, e LeU ne perde altri 3,7 mila. Ma il centrosinistra, come coalizione nel suo insieme, guadagna 50mila voti in più rispetto alle politiche. In termini algebrici, quindi, le liste civiche del centrosinistra hanno assorbito le perdite del Pd e di LeU, ovvero 42mila voti circa, e ne hanno aggiunti altri 50mila. In pratica, hanno preso 92mila voti all’incirca.
Guarda caso, questi 92mila voti in più sono molto prossimi ai 90mila voti in meno del M5S che non sono andati all’astensionismo ed alla Lega.
Che lezione trarne?
a)       Quello che sta succedendo non è che Salvini sta “cannibalizzando” il voto pentastellato. E’ una lettura semplicistica ed errata. Ciò che sta succedendo, in realtà, è che i 5 Stelle, incapaci di fare fronte alle contraddizioni che si sono aperte fra le basi programmatiche ed ideologiche del MoVimento nella sua fase di opposizione ed i necessari compromessi di governo, stanno implodendo da soli, e la parte più sinistrorsa di questa deriva si fa riassorbire dentro l’alveo del centrosinistra, attratta da movimenti e liste civiche percepiti ancora come “lontani” dalla politica e dai partiti tradizionali e presuntamente “vicini” ai territori. In questo senso, i danni enormi che si stanno aprendo dentro il MoVimento dipendono molto più dalle sirene sinistre di Fico e dei suoi disgraziati seguaci che dalla compartecipazione di governo con Salvini;
b)      E’ possibile che i centrosinistrati, nel tentativo di recuperare voto grillino, si affideranno, anche in chiave nazionale, a movimenti civici non targati da partiti tradizionali. Questo significa che per il Pd suona la campana, mentre movimenti trasversali come quello di Calenda, o come un ipotetico macronismo renziano, potrebbero insorgere per ruscolare voti in fuga dal M5S anche alle politiche;
c)       Il guadagno di quote di voto operaio e di ceto medio che Salvini rivendica di aver conquistato, e che sembra esserci stato, seppur in piccole dosi, se si analizzano i risultati elettorali di Comuni a maggiore tradizione industriale come Avezzano o Sulmona, proviene essenzialmente da quei 5mila elettori 5 Stelle in fuga verso la Lega. Comunque sia, la base politico-elettorale della Lega si sta sempre più allargando a settori sociali diversi dalla piccola borghesia e dal sottoproletariato urbano. La Lega ha le potenzialità per divenire un vero e proprio Fronte Ampio della società italiana, e su questo Salvini dovrà essere molto attento e sensibile: il suo messaggio programmatico dovrà abbracciare anche i segmenti di mondo del lavoro impoverito, e persino di lavoro pubblico, che entrano nella Lega, sapendo offrire loro un compromesso alto fra mercato e protezione, fra ragioni del piccolo e medio capitale e ragioni del lavoro salariato. Sinora, dentro il Governo, le ragioni del secondo vengono avanzate maggiormente dai pentastellati, ma adesso che elettori del 5 Stelle transumano verso la Lega, Salvini dovrà farsene carico. Una destra è popolare proprio perché si sforza di offrire un compromesso utile per tutti i segmenti sociali del popolo, e fornire così una soluzione di riunificazione di un Paese diviso ed inquieto;
d)      Il voto dei sinistri, invece, non si muove: circola dentro le varie coalizioncine, sempre più perdenti, che mettono in piedi, perché sono costituiti perlopiù dai privilegiati che temono l’avanzata populista sui loro vantaggi, e da utili idioti che vivono nel sogno di un mondo che non esiste più, e si muovono alla musica di questo mondo morto (ad esempio, ai richiami su un presunto ed assurdo fascismo di ritorno). Sembra che il circolo interno vada dal Pd, oramai alla frutta, verso nuove aggregazioni civiche trasversali, ma la sostanza della base e degli interessi sociali che questi rappresentano non cambia, se si passa da Renzi o Martina a Calenda.

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