La
sinistra a guida piddina (il resto sono frange legate ad alleanze subalterne con il Pd o
irrilevanti in termini di consenso) ha largamente fallito nel
tentativo di gestire il Paese, e ne sta amministrando un lento ma
inesorabile declino, non riuscendo a proporre una ricetta che gli
restituisca prospettiva. Gli italiani scivolano lungo un declivio di
disperazione, rassegnazione e rabbia. Un mix molto pericoloso. Il
tentativo di rivoluzione giacobina del M5s sta implodendo per
incompetenza, moralismo giacobino e governismo ad ogni costo,
lasciando senza prospettive elettorali il rilevante consenso raccolto
nella sua fase ascendente.
Gli
strati popolari, perlopiù provenienti da sinistra, che ora
appoggiano la Lega, saranno delusi dall'impostazione liberista che
prevale in quel partito, e che sarà rafforzata dalla sua ascesa al
governo nei prossimi mesi (perché un conto è abbaiare
sovranisticamente all'opposizione, altro conto è stare al governo e
gestire un Paese sul bordo del crollo e senza peso in politica
estera). Il centrodestra a guida leghista proporrà poco più che un
lafferismo fiscale coperto con una riduzione della spesa sociale,
oltretutto compresso da vincoli europei che non vorrà, se non a
parole, piegare, associato ad un contrasto all'immigrazione mediatico
ed incapace di proporre rimedi strutturali, oltre l'infinita lotta
nave Ong per nave Ong ed un securitarismo inefficace (è noto che i
Paesi più securitari sono anche quelli a maggior incidenza di
criminalità violenta). Il tutto condito da un autonomismo regionale
strumentale alla perenne rivolta fiscale dei ceti produttivi del
Nord, non ad una valorizzazione e responsabilizzazione dei territori.
Non potrà fare altro perché questo è ciò che gli chiede la sua
base di consenso storica, il suo nucleo vitale, che rimane ancorato
ai territori lombardo-veneti, e questo gli consentiranno di fare i
vincoli esistenti.
Tutto
ciò non farà che allargare le diseguaglianze, ed i ceti popolari
delusi non torneranno a votare per una sinistra geneticamente
modificata, non avranno lo sfogatoio del M5s, che implodera', non
voteranno per qualche proposta di Italexit, che istintivamente
temono, ma rifluiranno verso un astensionismo rabbioso e pronto a
farsi reclutare in qualche avventurismo sovversivo ed autoritario.
Già oggi, ci dice il Censis, la maggior parte degli italiani
vorrebbe un “uomo forte”.
Per
evitare tale epilogo, servirebbe una proposta programmatica
fortemente patriottica, mirata ad una regolazione civile ma rigorosa
dell'immigrazione, euro-critica senza esagerazioni da Italexit della
serie ci-stampiamo-i-soldi-da-soli-e-ci-autoripaghiamo-il-debito (e
per favore posate il fiasco e ricordatevi di Weimar). Meglio pensare
ad una battaglia di riconquista di margini di politica fiscale per
fare deficit e a margini di politica industriale, sui quali occorre
un piano di riconversione produttiva del Paese di medio periodo,
basato anche sulle ppss. Tale proposta dovrebbe avere una impronta
statalista e keynesiana, basata su un programma di investimenti
pubblici nella scuola, nella ricerca, nelle infrastrutture e nella
difesa del territorio, ed essere fortemente redistributiva
nell'approccio sociale e nel recupero di una politica dei redditi. Si
preveda un tasso di crescita dei salari legato alla crescita del Pil,
come proponeva, ad esempio, la Uil.
Una
simile proposta dovrebbe partire da un presupposto di fondo, ovvero
quello che, anche strutturando opportune alleanze euromediterranee
con altri Paesi, l'Asse franco-tedesco vada allentato, evidentemente
non spezzato, perché ciò è impossibile, ma condotto a fare
mediazioni. In primo luogo, nelle politiche industriali, dove il
concetto di aiuto di Stato, tipico di una dottrina ordoliberista che
pervade i Trattati, va allentato. Di fronte al declino industriale,
occorre tornare a poter fare politiche industriali di settore.
Inoltre, occorrono maggiori margini di politica fiscale, attraverso
margini di maggiore condivisione del rischio, o, se ciò non sarà
concesso, la disobbedienza ai Trattati, esattamente come fa la
Germania, che viola sistematicamente le regole impunemente. Certo, il
nostro peso e la nostra credibilità sui mercati finanziari sono ben
diversi, ma sappiamo anche che a nessuno conviene il default sovrano
di una economia così grande, con potenzialità sistemiche
disastrose.
Detta
proposta dovrebbe evitare come la peste ogni richiamo identitario.
Niente socialismo, comunismo, socialdemocrazia nel nome e nel
simbolo. Niente frasi di Marx, nemmeno di Groucho. L'identitarismo
non attrae, se non i pochi nostalgici, ed è un ostacolo in termini
di libertà di movimento. Chi si sente parte di quella storia la
custodisca nel segreto del proprio cuore. Tale formazione non
dovrebbe aver paura di fare specifiche battaglie con la destra, se
sono coerenti con la sua proposta programmatica. Dovrebbe essere chiara sui suoi
riferimenti sociali, non fare partigianerie fuori tempo massimo
rispetto alla collocazione nell'arco partitico, rispetto alla quale
dovrebbe muoversi con autonomia e spregiudicatezza, in base ai temi.
Dovrebbe
avere una organizzazione radicata nei territori ma al tempo stesso
snella, fatta di pochi referenti settoriali a supporto di un
coordinatore eletto da una assemblea di rappresentanti dei territori,
una leadership comunicativa e fortemente rappresentativa della linea
politica, niente cazzate su guida collettiva o collegiale, molta
attenzione a gestire la discussione interna senza dare la solita
impressione di spaccature interne molto forti, tipica del tafazzismo
di sinistra. La comunicazione è fondamentale, al leader serve anche
quella empatia nel connettersi ai sentimenti popolari che spesso
manca a chi viene da una formazione politica di sinistra.
Evidentemente, nessun soggetto che abbia avuto qualsivoglia ruolo
decisionale, di militanza o di elaborazione politica ed intellettuale
nella sinistra attuale dovrebbe essere imbarcato.
Nessun
settarismo né feticismo, l'intellettuale è al servizio del partito,
non un idolo da venerare e sbandierare come in trofeo. Il lavoro
intellettuale deve servire a dare profondità a quello politico, non
confondersi con esso. Nessuno snobismo, si sta fisicamente nei luoghi
della sofferenza sociale, si va nei quartieri difficili, si va fra
gli operai che temono per il loro lavoro, ci si prendono gli
schiaffoni se serve, ma ci si va portando soluzioni, non dicendo che
non si hanno. Si tengono i rapporti con le frange combattive del
sindacato, anche quelle di base, senza andare dai confederali solo
perché sono confederali, ma ci si tiene aperto un canale di dialogo
con tutto il mondo del lavoro, confederali compresi.
Si
guarda ad un blocco sociale che integri il sottoproletariato urbano,
il proletariato industriale meno rappresentato, racchiuso nei
circuiti della subfornitura e della monocommittenza, i nuovi lavori
ad alto tasso di sfruttamento, dai rider al precariato cognitivo alle
finte partite Iva, senza offrire stupide stabilizzazioni a chi non le
vuole, ma modelli fiscali e di welfare su misura delle esigenze di
queste figure, ivi compreso un salario minimo di dignità per chi è
fuori dalla contrattazione collettiva, la piccola borghesia a mercato
interno, anche il salumiere.
Si
difende la famiglia, cari miei, perché la famiglia non è quel luogo
pruriginoso di vizi borghesi e di depravazioni conformiste che la
sinistra immagina, è l'ultimo baluardo di una società che vuole
difendere le sue radici e la sua solidarietà, prima che la distopia
libertaria dei sinistri cultori di un relativismo grottesco spazzi
via tutto. E allora si difende la prima casa, nessuno la può
pignorare, e si torna a costruire nuove case popolari, per dare una
casa a tutti. Si difendono i bambini dagli orchi travestiti da
operatori sociali. Si afferma la centralità anche spirituale della
famiglia. Si difende la natalità, si dà piena attuazione alla legge
sull'aborto, anche laddove prevede interventi di prevenzione. Si opti
per un modello che non uccida il nascituro, che gli consenta di
nascere ed essere adottato con opportuni incentivi.
Si
difendono i rifugiati veri e si offrono percorsi di cittadinanza ai
minori abbandonati già residenti da noi, si fanno entrare immigrati
dotati di quella professionalità e rettitudine civile e lavorativa
che siano utili per la nostra economia, e si combatte ogni forma di
sfruttamento lavoristico nei loro confronti, inquadrandoli nei CCNL e
nel sistema delle tutele legali: il caporalato e lo sfruttamento
degli immigrati preludono allo stesso trattamento che sarà fatto ai
lavoratori italiani. Ma si chiudono le frontiere a chi non ha
diritto, salvo piccoli flussi aventi professionalità rare e
pregiate. Si attuano politiche di respingimento e di rimpatrio
rigorose, veloci, massive, umane per quanto possibile. Chi resta da
noi va assimilato, l'obiettivo è quello di farne un italiano nel
giro di una generazione. Niente multiculturalismo patchwork. Ti
accogliamo, sei tu che ti devi adeguare a noi.
Si
difendono le caratteristiche garantiste, democratiche, volte al
recupero sociale e rispettose della persona e della sua libertà del
nostro ordinamento giuridico, senza tentazioni forcaiole, senza
giustizialismo. Si garantisca vera indipendenza alla magistratura,
proibendone le correnti interne e prevedendo la decadenza in caso di
candidatura politica, si ragioni su un divisione delle carriere
funzionale a un maggior garantismo, non ad ipotesi punitive. E, mi sia consentito, qualcosa andrebbe fatto, in termini di riforma, sulla giustizia minorile, caratterizzata da un procedimento privo di contraddittorio e di equilibrio fra diritti della difesa e dell'accusa, affidata, in sede di istruttoria dei casi, a servizi sociali sprofessionalizzati o formati su teorie psicosociali e pedagogiche sbagliate, affetta da molteplici conflitti di interesse.
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