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martedì 3 marzo 2015

I processi di riassetto della camorra casertana secondo le analisi della DIA




Il decesso recente di Carmine Schiavone, storico boss della camorra casertana, poi pentito di eccellenza, rimette in evidenza il tema degli assetti camorristici della provincia di Caserta, dopo i durissimi e ripetuti colpi che la giustizia ha assestato al clan dominante dei Casalesi, quello degli Schiavone-Bidognetti, sostanzialmente decimato ed estremamente indebolito nella sua capacità di azione.
La camorra casertana condivide alcuni tratti tipici di tutto il fenomeno camorristico campano, ovvero l’estrema instabilità degli assetti di controllo del territorio, resa ancor più acuta proprio dall’indebolimento del clan sinora dominante, ovvero i Casalesi, e quindi dagli spazi che si aprono per le ambizioni di personaggi di seconda fila, che cercano di farsi spazio per arrivare ai vertici. Secondo la relazione semestrale della DIA, da cui è tratta l’immagine in testa a questo articolo, sarebbero almeno 17 i clan che si dividono il territorio della provincia, fra i quali i due gruppi residui del clan dei Casalesi, ovvero il gruppo Bidognetti, che, nella diarchia di comando del clan, fa riferimento a Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto ‘e Mezzanotte”, concentrato nella zona fra Castel Volturno e Villa Literno, ed il gruppo che fa riferimento ad Antonio “o Ninno” Iovine, attestato su San Cipriano e San Marcellino. 
Le evidenze investigative parlano di un gruppo che si sta nuovamente consolidando, dopo i durissimi colpi subiti in passato per l’arresto dell’intera linea di comando, facendo crescere nuove generazioni di boss, ed al tempo stesso riconducendo alla disciplina i gruppi federati che cercano di conquistare qualche margine di autonomia (in questo contesto, sempre secondo la DIA, va inquadrato l’omicidio di un pregiudicato affiliato al gruppo federato dei Papa, il 10 gennaio 2014). Tali gruppi stanno riaffermando la propri autorità sul territorio anche tramite la ricostruzione di una intensa attività di estorsione, che, oltre al provento, garantisce loro il rispetto e la paura da parte della popolazione locale. La fazione dei Casalesi che fa riferimento a “Sandokan” Schiavone è ancora quella che ha la maggiore potenza di fuoco. La forza del clan risiede anche nei numerosi rapporti esterni che alimenta, sia con Cosa Nostra siciliana, attraverso i Santapaola, sia con organizzazioni extracomunitarie, in particolare albanesi, macedoni, turche e colombiane, per il business dello spacci odi stupefacenti, divenuto sempre più importante per il gruppo, anche a causa delle crescenti difficoltà nell’operare nel riciclaggio, legate al controllo delle forze dell’ordine, al ciclo dell’edilizia fermo a causa della crisi economica, ed al maggiore controllo sul territorio che rende più difficile (anche se non certo impossibile) il lucroso business dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici e pericolosi, la vera “vocazione” criminale del clan. Accessoriamente al traffico degli stupefacenti, permangono importanti l’estorsione (anche a fini intimidatori, come detto) ed il racket sui videopoker). 

Francesco Bidognetti


 Antonio Iovine


Francesco Schiavone




Rispetto agli altri clan, spicca l’attività dei Belforte, egemoni a Marcianise, anche loro operanti nel business dei rifiuti, che insieme al gruppo Piccolo, mantengono un rapporto di non belligeranza e divisione del territorio con i Casalesi. A febbraio di quest’anno, una vasta operazione dei carabinieri ha condotto all’arresto di 20 persone, ritenute affiliate ai clan federati dei Bifone e dei Petruolo, che, nei periodi “d’oro” della camorra casertana, ovvero nel 2004, erano arrivati addirittura a minacciare due sottufficiali dei carabinieri.
Nell’insieme, la camorra casertana sembra attraversata da una fase di cambiamento generazionale, ed anche di riposizionamento dei propri affari criminali (presi di mira anche gli ospedali, per il business della gestione dei bar interni, e per quello della manutenzione delle strutture) che però non sembra affatto averne indebolito la “presa” sul territorio, come dimostrano alcuni episodi, ad esempio quello emerso nel corso dell’arresto di alcuni affiliati al clan dei Muzzoni, che costringevano i  titolari di un locale a Cellole ad ospitare cerimonie e ricevimenti per i loro familiari, senza essere pagati e senza poter rifiutare. Oppure la clamorosa bomba-carta gettata contro l’abitazione del vicesindaco di Mondragone, poche ore dopo una manifestazione anti-camorra di tutto il paese. Una intimidazione evidentemente rivolta a chiarire “chi comanda”.

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