Nato come partito anti-euro dal
profilo piuttosto elitario e tecnocratico, perché fondato da alcuni professori
universitari, Afd si è progressivamente spostato verso un profilo più tipico di
un populismo di destra, anche se manca in una certa misura l’ingrediente fondamentale
del populismo classico, ovvero la presenza di un leader carismatico. La Weidel
è piuttosto algida e comunque condivide la leadership mediatica con Alexander
Gauland.
La coppia riflette bene la
differenziazione interna di radicamento sociale di un movimento interclassista:
la Weidel, economista con un passato di consulente in istituzioni
internazionali, è espressione della piccola e media borghesia del Sud, della
Baviera, ostile all’euro non per desiderio di politiche economiche più
progressiste una volta recuperata la sovranità monetaria (a costoro il modello
ordoliberista interno va benissimo), ma per l’innato terrore di dover “pagare” il
conto dei Paesi mediterranei a più alto debito di una borghesia dall’animo
profondamente calvinista (in tedesco, i termini “peccato” e “debito” sono
rappresentati dalla stessa parola, “schuld”). Lesbica, con figli adottivi di
colore, ha il profilo idoneo per piacere a strati di classe media e di piccola
borghesia non lontani dal taroccato progressismo dei diritti civili che destre
economiche e sinistre neoliberiste hanno promosso in questi anni. Essa è incaricata
di curare quel 12% di voti ottenuti nei Lander meridionali, Baviera e
Baden-Wurttemberg, provenienti in larga misura da elettorato un tempo
centrista, oggi in fuga dalla Cdu/Csu.
Gauland rappresenta, invece, l’anima
popolare, il voto sottoproletario dell’Est, che ha pagato il costo del modello
mercantilistico dell’Ovest, fornendo l’esercito industriale di riserva utile a
moderare le dinamiche salariali ed inflazionistiche. Lo rappresenta sia fisicamente,
con il suo aspetto da lottatore, certamente molto meno elegante della Weidel, e
lo rappresenta con il suo eloquio, che a volte sembra indulgere verso uno dei
grandi tabù irrisolti della Germania contemporanea: l’incapacità di conciliare
il giusto riconoscimento alla Wehrmacht intesa come Esercito nazionale che
combatté per il suo Paese e l’altrettanto giusta riprovazione per il nazismo. E’
l’ispiratore, insieme a Hocke, una delle figure più interessanti ed
intelligenti di Afd, del 22,5% di voti raccolti nella ex DDR alle ultime
elezioni politiche.
Queste due anime si manifestano
nel dualismo programmatico: da un lato, istanze neoliberiste come la
privatizzazione dei servizi e delle aziende pubbliche convivono con dichiarazioni
esplicite di rivedere verso l’alto le pensioni minime dei tedeschi più
disagiati. La volontà di ridurre la spesa sociale contrasta con programmi
mirati alla difesa ed al rialzo del reddito minimo e di incentivazione
finanziaria alle famiglie numerose a medio-basso reddito.
Il punto di congiunzione fra
questo interclassismo è costituito, in primis, dal rifiuto per l’immigrazione
selvaggia, vissuta (in modo sacrosanto) dai poveri dell’Est come concorrenza
nell’accesso al magro Stato sociale residuo nella Germania democristiana, e dalla
borghesia dell’Ovest come problema di sicurezza, e da tutti come timore
(giustissimo) di perdita di identità culturale nazionale. In secundis, da una
lotta all’euro, che lascia aperto il tema su come sarà redistribuito il
beneficio di una eventuale fuoriuscita, per un Paese, come la Germania, che
dall’euro ha tratto vantaggi indiscutibili, scaricando sugli altri i suoi
eccessi di surplus commerciale e utilizzando la politica monetaria comune e l’austerità
del Six Pack per esorcizzare le tendenze inflazionistiche potenzialmente
connesse a politiche economiche espansive, che avrebbero messo in discussione
il suo modello competitivo, basato su bassi costi ed elevata produttività dei
fattori. Ma che ora inizia a temere che l’impossibilità dei Paesi
euromediterranei a rientrare dal loro debito si traduca in una potenziale bolla
finanziaria e/o nella necessità di assumersi una indesiderata condivisione del
rischio sovrano di questi Paesi. Infine, la tenuta di questo blocco sociale è
garantita da una buona dose di retorica anti-casta: avversione al
parlamentarismo e ai corpi intermedi e privilegio per la partecipazione diretta
tramite l’ampliamento dello spazio di azione dei referendum, proposte di
interventi anti-lobbismo e di riduzione delle pensioni pubbliche dei
parlamentari, la volontà di introdurre un limite al numero di mandati
parlamentari, sono tutti nella direzione di una antipolitica vendicativa per
una politica professionale vista come inetta, corrotta e parassitaria, non
dissimile da quella italiana, le cui istanze sono state raccolte dai 5 Stelle.
Helmut Kohl colpito da uova nella DDR nel 1991, dopo il fallimento del sogno della riunificazione
Le differenze di composizione
sociale e di proposta politica si riflettono, peraltro, anche in differenze nelle
relazioni con i partner populisti di altri Paesi europei, Italia in primis. L’anima
neoliberista incarnata dalla Weidel vive con irritazione le aperture di Salvini
ai 5 Stelle, soprattutto in materia di reddito di cittadinanza. D’altro canto,
Hocke, che fa parte dell’anima popolare, elogia Salvini al punto da
considerarlo un esempio da imitare.
Le differenze fra Afd e Lega,
peraltro, sono molto grandi: non solo per la presenza di una leadership
bicefala, e di forti leadership regionali, come quella di Hocke, che contrasta
con la posizione di grande forza che Salvini riveste nel suo partito (tanto che
l’omologo weidelliano della Lega, Giorgetti, è subordinato al segretario) o
peri l maggior accento antipolitico di Afd, che somiglia più alle posizioni pentastellate
che a quelle leghiste, ma anche in termini di posizioni economiche
fondamentali. Mentre Afd rimane saldamente anti-euro, Salvini intende lavorare
dentro l’euro per modificarne in senso espansivo le politiche. Ciò riflette ovviamente
le posizioni e gli interessi diversi di Germania ed Italia: la prima
preoccupata che un giocattolo sinora molto vantaggioso per essa si trasformi in
una trappola, la seconda consapevole di essere troppo debole per uscire.
D’altro canto, il blocco sociale
aggregato, comprendente segmenti di piccola borghesia concentrata sul mercato
interno, proletariato di PMI non internazionalizzate, ceti medi impoveriti e
sottoproletariato urbano, è del tutto analogo nei due Pesi, riflettendo posizioni
comuni in termini di immigrazione, difesa dell’identità nazionale, sicurezza. Saranno
interessanti, in prospettiva, e non solo per Afd ma anche per la Lega, due
aspetti:
a A) Come
riusciranno a comporre una necessaria alleanza in sede di Parlamento Europeo e,
auspicabilmente, se addirittura i populismi fossero maggioritari, in termini di
Commissione Europea. L’alleanza è necessaria ma è resa complicata da interessi
geopolitici divergenti, a meno che l’Italia non accetti di aprirsi ad
investimenti tedeschi per assumere, almeno in parte e per alcuni settori
produttivi specifici, il ruolo di subfornitore specializzato della manifattura
germanica;
b B) Come,
sia dentro la Lega che dentro Afd, le due anime – piccolo borghese e proletaria
e sottoproletaria – evolveranno, e quale composizione riusciranno a trovare in
futuro, atteso che siamo ad un punto di svolta dell’Europa, probabilmente in
direzione maggiormente espansiva. Il problema, se questo punto di svolta si
dovesse concretizzare, sarà quindi quello di capire quale sarà la distribuzione
sociale dei benefici del turning point fra le varie classi sociali
rappresentate da tali movimenti.
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