lunedì 24 settembre 2018

Sul Dl Immigrazione








Finalmente il tanto atteso provvedimento del governo, in materia di immigrazione e sicurezza, uno dei capisaldi del programma politico della Lega, è stato varato, e lo attendono dure prove in termini di passaggio parlamentare, che non sarà indolore, dovendo scontrarsi con gli spiriti buonisti che allignano anche dentro la maggioranza sul versante pentastellato, e di prevedibili e numerosi ricorsi costituzionali, senza contare la non scontata promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, sempre molto occhiuto nel controllare i provvedimento che non provengono dalla sua parte politica (provvedimenti altrettanto severi promulgati da Minniti ai tempi del Governo Gentiloni non ricevettero tante attenzioni da parte del Quirinale).
Nell’insieme, il provvedimento disegnato da Salvini contiene numerose ed interessanti innovazioni anche se, ovviamente, sconta il clima politico ostile, dall’interno e dall’esterno, che gli è stato creato. Non c’è l’auspicabile abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che oramai rappresenta un quarto del totale delle richieste di asilo e costituisce un canale per ingressi privi di qualsiasi reale motivazione, ma la concessione di tale beneficio viene rigidamente ricondotta a sei fattispecie precise (anche se, per la verità, molte delle quali rientranti nella legislazione previgente). Viene altresì previsto che il richiedente asilo per motivi umanitari possa essere espulso se perde integralmente i crediti legati all’accordo di integrazione sottoscritto. Alla motivazione della richiesta di asilo legata alla presenza di calamità nel Paese di origine, spesso usata come paravento per ottenere il permesso di soggiorno viene posto un limite di sei mesi non prorogabile e non convertibile in permesso per motivi di lavoro. La restrizione dei servizi dello Sprar rispetto a tale categoria di richiedenti asilo dovrebbe garantire una maggiore difficoltà a reperire un lavoro e quindi rimanere.
Arriva una auspicabile ampliamento del sistema per l’espulsione. Il trattenimento nei Centri per l’Identificazione e l’Espulsione passa dai novanta ai centottanta giorni, e si prevede la possibilità di adottare procedure accelerate per i lavori di costruzione di nuovi Cpr o di ampliamento di quelli esistenti per importi inferiori alla soglia comunitaria. Si prevede anche la possibilità di usare strutture diverse, a disposizione dell’Autorità di Pubblica Sicurezza (carceri, evidentemente, ma anche locali idonei presso gli uffici di frontiera) ove i Cpr siano insufficienti. Viene proibita la pratica della reiterazione della domanda di asilo per rallentare l’espulsione. Le risorse disponibili per nuove espulsioni arrivano fino a 3,5 Meuro, una cifra che, presumibilmente, dovrebbe consentire espulsioni per 7-800 unità, un numero assolutamente inadeguato rispetto al fabbisogno (le stime degli irregolari e dei clandestini presenti in Italia oscillano fra i 4 ed i 600.000 individui). Evidentemente, benché le misure vadano nel senso giusto (in particolare, l’ampliamento dei posti disponibili nelle strutture di trattenimento e l’ampliamento della durata vanno ad incidere sul deprecabile fenomeno degli stranieri colpiti da foglio di via e poi rimessi a piede libero) anche in questo caso siamo al di sotto di ciò che sarebbe necessario, e che può essere conseguito soltanto aprendo grandi centri di detenzione nei Paesi di transito, Libia in primis, dove tradurre anche chi deve essere espulso, dietro programmi di assistenza economica a favore di tali Paesi.
L’aspetto probabilmente più efficace ed utile del provvedimento, in prospettiva, è costituito dalla revoca e/o diniego della protezione internazionale in caso di commissione di reati in flagranza quali il traffico di stupefacenti, la violenza sessuale, la rapina, la resistenza a pubblico ufficiale con connesso giudizio di pericolosità sociale espresso dal magistrato, oppure di condanna penale in primo grado. Viene infine posto un freno al turismo dei richiedenti asilo, uno sport particolarmente da alcune nazionalità, come gli eritrei, che evidentemente non hanno nessuna reale esigenza di protezione ai sensi della convenzione di Ginevra: il rientro nel proprio Paese comporta la cessazione della protezione internazionale e la conseguente espulsione. Finalmente viene abrogato il gratuito patrocinio, fatto a spese degli italiani, per ricorsi dichiarati improcedibili o inammissibili.
Personalmente, invece, mi lasciano piuttosto dubbioso le norme relative alla cancellazione della cittadinanza in caso di condanna per reati di terrorismo. Non perché il principio sia sbagliato, ma perché, essendo la cittadinanza un diritto indisponibile, tale norma sarà sicuramente dichiarata incostituzionale. Mentre avrei previsto una sorta di sanatoria, eccezionale e quindi non ripetibile, per i minori stranieri ad oggi presenti sul territorio nazionale, al fine di sanare una situazione di fatto che, se lasciata a sé stessa, rischia di creare pericolose dissociazioni in termini di senso di appartenenza man mano che tali minori cresceranno da apolidi, e quindi essere la miccia di situazioni di emarginazione permanente e di senso di sradicamento personale che potrebbero condurre a risposte socialmente devianti.
Volendo dare un giudizio di insieme su tale provvedimento, esso sicuramente va considerato molto positivamente, soprattutto perché inverte la direzione di marcia di questi anni di buonismo lassista, iniziando a lanciare segnali di disincentivo all’immigrazione incontrollata. Va valutato positivamente soprattutto perché partorito dentro un clima politico estremamente ostile, nel quale gli interessi materiali al nuovo traffico di schiavi si celano dietro il dettato dell’articolo 10 della Costituzione (lo stesso che ha giustificato il rispetto di porcherie come il fiscal compact).
Detto questo, esso è ampiamente al di sotto di ciò che sarebbe necessario, e che dovrebbe tradursi in una vera e propria guerra senza quartiere all’immigrazione, sul modello di Orban, dove il muro dovrebbe essere sostituito da un vero e proprio blocco navale (senza la pelosa assistenza della polizia di frontiera europea, grazie, le frontiere nazionali le difendiamo da soli) e dove l’espulsione sistematica, o in alternativa, ove fosse impossibile il rimpatrio, la detenzione a tempo indeterminato dei clandestini, possibilmente in strutture situate fuori dal territorio italiano, dovrebbe essere la priorità delle politiche di controllo del territorio (come del resto fa la civilissima e democratica Australia). Mentre d’altra parte, occorre investire in un modello di assimilazione (cosa ben diversa dall’integrazione multiculturale e paritaria della sinistra) per chi è già all’interno dei confini nazionali e oggettivamente non può essere espulso. L’immigrato che è legalmente già all’interno del nostro sistema deve essere portato a condividere in modo graduale i nostri valori e il nostro stile di vita, allontanandosi progressivamente, e con il minore attrito possibile, da quelli del suo Paese di origine. Ed in questo senso va anche la mia proposta di un “condono” una tantum sullo Ius Soli per i minori già presenti nel Paese.
La sensazione è che Salvini, anche legittimamente preoccupato per la tenuta della maggioranza di fronte alle esitazioni grilline, sia troppo “bravo ragazzo” e, ovviamente, il rischio è che una morbidezza eccessiva comporti un ritorno elettorale non proprio favorevole per questo governo. Credo, però, che il primo ad esserne consapevole è lui, e che la battaglia debba ancora essere combattuta, per cui il presente provvedimento altro non è che l’antipasto. Naturalmente ciò richiede anche risorse economiche, perché non si fa sicurezza senza investirvi somme cospicue. E questo dipende anche dalla capacità di allentare i vincoli europei su disavanzo e debito pubblico, altra battaglia fondamentalmente di lungo periodo, i cui risultati non potranno essere valutati nell’immediato. Riponiamo fiducia, quindi, nelle possibilità di manovra future di questo esecutivo, e preghiamo che le derive fichiste o dibbatististe che lo inquinano siano frenate (per il bene stesso del M5S, che rischia di finire nella pattumiera della storia a causa di questi personaggi).
P.S. Se non si garantiscono ai Paesi di partenza condizioni minime di stabilizzazione politica, etnica e di sviluppo in termini di autosufficienza alimentare, di accesso al cibo, all’acqua, alle cure mediche di base, lavorando sull’eradicazione della povertà più estrema, insieme a politiche di controllo delle nascite di tipo coercitivo e cinese, fra non molti anni sarà necessario ricorrere a misure di difesa delle nostre frontiere ben più crudeli di quelle previste nel Dl di Salvini. Quindi evitate di fare le anime belle, la situazione di fatto è questa e va affrontata per quella che è, a meno che fra 15 o 20 anni non vogliamo pure noi finire nel sottosviluppo e nelle guerre etniche e tribali.


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