domenica 16 dicembre 2018

Le anime di Afd e le differenze con la Lega





Nato come partito anti-euro dal profilo piuttosto elitario e tecnocratico, perché fondato da alcuni professori universitari, Afd si è progressivamente spostato verso un profilo più tipico di un populismo di destra, anche se manca in una certa misura l’ingrediente fondamentale del populismo classico, ovvero la presenza di un leader carismatico. La Weidel è piuttosto algida e comunque condivide la leadership mediatica con Alexander Gauland.
La coppia riflette bene la differenziazione interna di radicamento sociale di un movimento interclassista: la Weidel, economista con un passato di consulente in istituzioni internazionali, è espressione della piccola e media borghesia del Sud, della Baviera, ostile all’euro non per desiderio di politiche economiche più progressiste una volta recuperata la sovranità monetaria (a costoro il modello ordoliberista interno va benissimo), ma per l’innato terrore di dover “pagare” il conto dei Paesi mediterranei a più alto debito di una borghesia dall’animo profondamente calvinista (in tedesco, i termini “peccato” e “debito” sono rappresentati dalla stessa parola, “schuld”). Lesbica, con figli adottivi di colore, ha il profilo idoneo per piacere a strati di classe media e di piccola borghesia non lontani dal taroccato progressismo dei diritti civili che destre economiche e sinistre neoliberiste hanno promosso in questi anni. Essa è incaricata di curare quel 12% di voti ottenuti nei Lander meridionali, Baviera e Baden-Wurttemberg, provenienti in larga misura da elettorato un tempo centrista, oggi in fuga dalla Cdu/Csu.
Gauland rappresenta, invece, l’anima popolare, il voto sottoproletario dell’Est, che ha pagato il costo del modello mercantilistico dell’Ovest, fornendo l’esercito industriale di riserva utile a moderare le dinamiche salariali ed inflazionistiche. Lo rappresenta sia fisicamente, con il suo aspetto da lottatore, certamente molto meno elegante della Weidel, e lo rappresenta con il suo eloquio, che a volte sembra indulgere verso uno dei grandi tabù irrisolti della Germania contemporanea: l’incapacità di conciliare il giusto riconoscimento alla Wehrmacht intesa come Esercito nazionale che combatté per il suo Paese e l’altrettanto giusta riprovazione per il nazismo. E’ l’ispiratore, insieme a Hocke, una delle figure più interessanti ed intelligenti di Afd, del 22,5% di voti raccolti nella ex DDR alle ultime elezioni politiche.
Queste due anime si manifestano nel dualismo programmatico: da un lato, istanze neoliberiste come la privatizzazione dei servizi e delle aziende pubbliche convivono con dichiarazioni esplicite di rivedere verso l’alto le pensioni minime dei tedeschi più disagiati. La volontà di ridurre la spesa sociale contrasta con programmi mirati alla difesa ed al rialzo del reddito minimo e di incentivazione finanziaria alle famiglie numerose a medio-basso reddito.
Il punto di congiunzione fra questo interclassismo è costituito, in primis, dal rifiuto per l’immigrazione selvaggia, vissuta (in modo sacrosanto) dai poveri dell’Est come concorrenza nell’accesso al magro Stato sociale residuo nella Germania democristiana, e dalla borghesia dell’Ovest come problema di sicurezza, e da tutti come timore (giustissimo) di perdita di identità culturale nazionale. In secundis, da una lotta all’euro, che lascia aperto il tema su come sarà redistribuito il beneficio di una eventuale fuoriuscita, per un Paese, come la Germania, che dall’euro ha tratto vantaggi indiscutibili, scaricando sugli altri i suoi eccessi di surplus commerciale e utilizzando la politica monetaria comune e l’austerità del Six Pack per esorcizzare le tendenze inflazionistiche potenzialmente connesse a politiche economiche espansive, che avrebbero messo in discussione il suo modello competitivo, basato su bassi costi ed elevata produttività dei fattori. Ma che ora inizia a temere che l’impossibilità dei Paesi euromediterranei a rientrare dal loro debito si traduca in una potenziale bolla finanziaria e/o nella necessità di assumersi una indesiderata condivisione del rischio sovrano di questi Paesi. Infine, la tenuta di questo blocco sociale è garantita da una buona dose di retorica anti-casta: avversione al parlamentarismo e ai corpi intermedi e privilegio per la partecipazione diretta tramite l’ampliamento dello spazio di azione dei referendum, proposte di interventi anti-lobbismo e di riduzione delle pensioni pubbliche dei parlamentari, la volontà di introdurre un limite al numero di mandati parlamentari, sono tutti nella direzione di una antipolitica vendicativa per una politica professionale vista come inetta, corrotta e parassitaria, non dissimile da quella italiana, le cui istanze sono state raccolte dai 5 Stelle. 

 Helmut Kohl colpito da uova nella DDR nel 1991, dopo il fallimento del sogno della riunificazione

Le differenze di composizione sociale e di proposta politica si riflettono, peraltro, anche in differenze nelle relazioni con i partner populisti di altri Paesi europei, Italia in primis. L’anima neoliberista incarnata dalla Weidel vive con irritazione le aperture di Salvini ai 5 Stelle, soprattutto in materia di reddito di cittadinanza. D’altro canto, Hocke, che fa parte dell’anima popolare, elogia Salvini al punto da considerarlo un esempio da imitare.
Le differenze fra Afd e Lega, peraltro, sono molto grandi: non solo per la presenza di una leadership bicefala, e di forti leadership regionali, come quella di Hocke, che contrasta con la posizione di grande forza che Salvini riveste nel suo partito (tanto che l’omologo weidelliano della Lega, Giorgetti, è subordinato al segretario) o peri l maggior accento antipolitico di Afd, che somiglia più alle posizioni pentastellate che a quelle leghiste, ma anche in termini di posizioni economiche fondamentali. Mentre Afd rimane saldamente anti-euro, Salvini intende lavorare dentro l’euro per modificarne in senso espansivo le politiche. Ciò riflette ovviamente le posizioni e gli interessi diversi di Germania ed Italia: la prima preoccupata che un giocattolo sinora molto vantaggioso per essa si trasformi in una trappola, la seconda consapevole di essere troppo debole per uscire.
D’altro canto, il blocco sociale aggregato, comprendente segmenti di piccola borghesia concentrata sul mercato interno, proletariato di PMI non internazionalizzate, ceti medi impoveriti e sottoproletariato urbano, è del tutto analogo nei due Pesi, riflettendo posizioni comuni in termini di immigrazione, difesa dell’identità nazionale, sicurezza. Saranno interessanti, in prospettiva, e non solo per Afd ma anche per la Lega, due aspetti:
a    A)   Come riusciranno a comporre una necessaria alleanza in sede di Parlamento Europeo e, auspicabilmente, se addirittura i populismi fossero maggioritari, in termini di Commissione Europea. L’alleanza è necessaria ma è resa complicata da interessi geopolitici divergenti, a meno che l’Italia non accetti di aprirsi ad investimenti tedeschi per assumere, almeno in parte e per alcuni settori produttivi specifici, il ruolo di subfornitore specializzato della manifattura germanica;
b   B)   Come, sia dentro la Lega che dentro Afd, le due anime – piccolo borghese e proletaria e sottoproletaria – evolveranno, e quale composizione riusciranno a trovare in futuro, atteso che siamo ad un punto di svolta dell’Europa, probabilmente in direzione maggiormente espansiva. Il problema, se questo punto di svolta si dovesse concretizzare, sarà quindi quello di capire quale sarà la distribuzione sociale dei benefici del turning point fra le varie classi sociali rappresentate da tali movimenti.


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