Lo scenario è quello di sempre.
Napoli nord, i quartieri di Secondigliano e Scampia, i grandi dormitori dello
spaccio di droga sui quali Saviano ha ambientato il suo romanzo. Non cambiano i
luoghi, e potrebbero tornare anche le facce del passato. Il clan Di Lauro, ai
tempi del suo boss di prima generazione, Paolo, detto “Ciruzzo ‘o milionario”
(si vocifera che tale soprannome gli fu dato dal boss dei boss della camorra
napoletana, “o rre”, Luigi Giuliano, quando, in una partita di poker, gli vide
cadere dalle tasche biglietti da 100.000 lire) potentissima cosca in grado di
rimanere autonoma dall’altrettanto influente alleanza di Secondigliano, negli
ultimi anni veniva data in declino. Ridotta perlopiù ad un ruolo interstiziale
di mediazione fra i gruppi in lotta per il controllo della periferia nord, dopo
le perdite riportate nella sanguinosa faida di Scampia del 2004-2005 e con gli
arresti in massa del 2005 (fra i quali quello di Ciruzzo stesso, oltre che di
circa un centinaio di affiliati, fra i quali vigili urbani che avvertivano in
caso di retate delle forze dell’ordine, e meccanici che realizzavano i
nascondigli della droga nei veicoli del clan). Il figlio, Marco, oggi
trentacinquenne, latitante da dieci anni, molto probabilmente ancora nascosto
nella zona di Secondigliano-Scampia, nella quale può contare su appoggi e aiuti
di vario genere (si dice che abbia a disposizione addirittura una
attrezzatissima palestra personale), è diventato di fatto il capo di ciò che
resta del clan.
Gli strascichi della prima faida
di Scampia del 2004-2005 proseguono fino alla primavera del 2011. E continuano
ad essere negativi per i Di Lauro, in declino. È il 14 aprile del 2011 - sono le
20,38 - quando Antonio Mennetta, stando al racconto di un pentito, avrebbe
poggiato la canna della pistola all’altezza del lato superiore dell’occhio
destro. Un colpo alla tempia, per uccidere Antonello Faiello, affiliato ai Di
Lauro, dopo un conflitto da far west con quelli del clan Di Lauro. Oltre al
pentito, ad incastrare Mennetta c’è un dato tecnico: il tatuaggio che gli sbuca
sul braccio, che viene «riconosciuto» nel corso di un filmato ricavato dalla
telecamera di un negozio nei paraggi. La scena è da far west. I Di Lauro sono
per strada alla ricerca di un loro nemico, tale “Paoluccio ‘o terrore”. Si ritrovano
davanti un gruppo di fuoco capeggiato da Mennetta. Faiello viene colpito, e poi
Mennetta gli somministra il colpo di grazia alla tempia. Un altro, Luigi De
Lucia, è ferito. Ma Marco Di Lauro, presente alla scena, viene immobilizzato
dai killer per evitargli ferite da arama da fuoco. Un segnale chiarissimo. Gli uccidono
i sottoposti e lo proteggono. Vogliono fare una alleanza con i Di Lauro, non
una nuova geurra, ma alle loro condizioni. “Loro” chi? Sono un gruppo
emergente, che si è staccato dagli scissionisti della prima faida contro i Di
Lauro. Questo gruppo viene chiamato con il nome delle strade di Napoli nord in
cui hanno la loro base: i Vannella-Grassi. Soprannominati “i girati” (cioè i
traditori), per essersi ribellati, agli inizi degli anni Duemila, ai Di Lauro, si
stanno costruendo un loro spazio autonomo nello spaccio di stupefacente nei
quartieri della periferia nord, e ora colpiscono i loro ex alleati scissionisti
per allargare il controllo delle strade e dei luoghi di distribuzione dello
stupefacente, e per convincere i “capi piazza” (cioè i responsabili delle squadre
di spaccio sulla strada) a passare sotto la loro protezione.
Mennetta è poi un personaggio
inquietante. Soprannominato “El niño”, come il tifone, oppure “Lo spartano”,
per la sua passione per la guerra e la violenza, è un ragazzone enorme di 26
anni, con un passato, vociferano gli inquirenti ripresi da un articolo del
Messaggero del 5 Gennaio 2013, da killer dei Di Lauro durante la prima faida di
Scampia (poi traditi) e da spacciatore pagato con il sistema della “settimana”.
Ama dare personalmente il colpo di grazia alla vittima ferita a terra con un
colpo in testa. E’ anche molto ambizioso. C’è agli atti un’intercettazione
ambientale in cui lo spartano racconta alla madre il suo sogno di ventenne: «voglio
diventare imperatore di Scampia e Secondigliano, non mi voglio accontentare
della settimana che mi passano quelli». Dal luglio 2013 è latitante.
Pochissimi mesi dopo, a gennaio
2012, il sangue torna a scorrere per il controllo dello spaccio di stupefacente
a Napoli nord. Muoiono in un agguato Raffaele Stanchi, il presunto cassiere
degli scissionisti della prima faida contro i Di Lauro del 2004-2005, e il suo
guardaspalle Luigi Mondò. Secondo gli inquirenti, sono morti per lavare un
affronto: gli scissionisti non pagano la quota dello smercio di cocaina a
quelli della Vannella, che a loro volta si vendicano tagliando la mano a
Stanchi, al cassiere, prima di dargli fuoco. Omicidio simbolico. Ancora pochi
mesi, ed a agosto Gaetano Marino, soprannominato “moncherino” per un handicap agli arti superiori, fratello di
Gennaro, detto “McKay”, boss dei cosiddetti “scissionisti” di Secondigliano, nel
2005 in guerra con i Di Lauro, viene ammazzato a Terracina, in pieno giorno e
in una spiaggia affollata, dove trascorreva le vacanze con la famiglia. E’ l’inizio
della seconda faida di Scampia. I presunti autori sono, ancora una volta, i girati.
Agiscono, in questa fase, come alleati del gruppo Di Lauro. Marco ha quindi
stretto un nuovo patto di sangue con una parte degli ex nemici.
La faida si fa immediatamente
cruenta. Luigi Lucenti, pregiudicato cinquantenne, viene ammazzato addirittura
nel cortile di una scuola materna di Scampia, in mezzo ai bambini, dove aveva
invano cercato rifugio dai killer che lo inseguivano. Purtroppo ci va di mezzo
un innocente: Pasquale Romano, ragazzo ammazzato per errore il 15 ottobre 2012 nel
quartiere di Marianella, perché scambiato per uno spacciatore (vero bersaglio
dei killer) a cui assomigliava. La faida finisce a dicembre, con nuovi
equilibri, dopo decine di morti. I girati si sono conquistati il loro posto al
sole nelle piazze di spaccio di Secondigliano e Scampia, i Di Lauro sono usciti
dal loro declino, e mediano la pax camorristica.
Pax camorristica, e veniamo agli
episodi recenti, che viene violata in quella che sembra essere, in tutto e per
tutto, una nuova guerra di camorra. Il mese di ottobre 2015 si tinge di sangue.
Raffaele Stravato, 39 anni, pregiudicato, viene assassinato il 24 ottobre,
raggiunto da diversi colpi di pistola tra Scampia e Marianella. Una settimana
prima, nel cuore della notte, è stato giustiziato Domenico Aporta, 24 anni, con
precedenti per rapina, rimasto a terra per almeno tre ore a San Pietro a
Patierno prima che arrivasse la polizia, in un clima di omertà e paura. Il
primo è ritenuto dagli inquirenti vicino ai Lo Russo, un clan tradizionale,
anch’esso, guarda caso, operante sulla piazza di Secondigliano, oltre che nel
business del racket sugli appalti degli ospedali. Soprannominati “i capitoni”,
sono nemici storici dei Di Lauro, fin dalla prima faida di Scampia, e, oggi
ritemprati da alcune scarcerazioni di loro presunti affiliati. Il secondo morto
è invece affiliato ai Vannella-Grassi.
In questo contesto, potrebbe
essere ipotizzabile l’inizio di una guerra, una terza faida di Scampia, fra i
Lo Russo ed i girati, che di conseguenza coinvolgerebbe i Di Lauro, che sono
divenuti loro alleati. Un articolo di Napoli.zon di tre giorni fa annuncia la
possibile reazione. Favorita anche dalla scarcerazione di Raffaele e Vincenzo,
due componenti fondamentali della famiglia. Evidentemente, si raccolgono umori
e voci della strada, che spesso sono esatte. I Di Lauro potrebbero approfittare
dell’attacco ai Vannella-Grassi, con i quali l’alleanza è solo strumentale, per
riguadagnare potere. Oppure allearsi con i girati per contrastare l’aggressività
di altri clan. Solo nei prossimi mesi lo scenario sarà più chiaro. Ma una cosa
è sicura. Il sangue a Scampia non scorre mai per errore, e non si ferma mai alle
prime vittime.