2 Maggio 1991. Taurianova, antico e grosso borgo agricolo
collocato della Piana di Gioia Tauro, posto alle prime pendici dell’Aspromonte,
quella “terra grassa e felice abitata da persone infelici” di cui si parla per
definirla: agrumeti, olio di oliva di qualità, produzioni artigianali di
torrone che si vendono in tutta Italia. Rocco Zagari, ufficialmente di
professione infermiere generico presso la Usl, consigliere comunale in quota
Dc, si reca dal barbiere per farsi fare la barba prima di riprendere servizio,
dopo il giorno di festa del Primo Maggio. Un uomo fa irruzione nella barberia
armato di una semi-automatica calibro 7,65mm ed esplode diversi colpi in
sequenza, scomparendo immediatamente nel nulla. Zagari muore fulminato sulla
sedia del barbiere, probabilmente senza nemmeno essersi accorto di niente, con
la schiuma da barba ancora sulla faccia.
Si tratta di uno degli episodi della faida di Taurianova,
esplosa nel 1989, che contrappone due coalizioni di ‘Ndrine locali, da una
parte gli Asciutto-Neri-Grimaldi e dall’altra gli Zagari-Giovinazzo-Viola-Fazzalari.
Taurianova è da anni un crocevia strategico, e con prospettive crescenti grazie
al progetto di costruzione del porto di Gioia Tauro, del traffico internazionale
di stupefacenti e la sua amministrazione comunale, di marca democristiana, è
totalmente infiltrata. Solo di regolari, le ‘Ndrine di un paese di 15.000 anime
contano su un esercito di 400 fra picciotti e sgarristi regolarmente affiliati.
Più altre centinaia di “contrasti onorati”, come si dice nel gergo mafioso,
ovvero collaboratori esterni in via di iniziazione, e contatti con i clan Rom e
Sinti stanziali ivi ubicati, che forniscono manovalanza di fuoco estremamente
preziosa.
La guerra di ‘Ndrangheta di Taurianova si origina da
conflitti politici nel tentativo di controllare l’amministrazione comunale ed i
soldi degli appalti. Nel 1986, la maggioranza democristiana del sindaco Francesco
Macrì, detto “Mazzetta”, si spacca. Proprio il consigliere comunale Zagari,
braccio destro del boss Mimmo Giovinazzo, produce la spaccatura, ed alle
successive elezioni anticipate fa convergere il suo bacino di voti sul genero,
Marcello Viola, boss dell’omonima ‘Ndrina. Roba di appalti, di controllo delle
gare. Mazzetta Macrì, sconfitto, va dai carabinieri. Denuncia infiltrazioni
mafiose nella nuova amministrazione. La nuova Giunta cade, alle ennesime
elezioni Macrì vince e coopta Zagari nella nuova maggioranza. Ma la frattura
rimane: la pax mafiosa si è rotta, in un rovente 2 luglio 1989 Rocco Neri,
capobastone accusato di voler diventare troppo potente ed oscurare Don Mimmo
Giovinazzo, viene ucciso. Inizia una sanguinosa guerra, nella quale cade anche
Giovinazzo. Zagari viene ucciso perché si teme possa prenderne il posto, stanti
i legami molto stretti fra i due.
Ventiquattr’ore dopo l’uccisione di Zagari, si scatena la
terribile faida, un episodio di particolare ferocia e sangue, il cosiddetto “venerdì
nero”. Alle 12.30 cade, crivellato da 19 colpi di fucile, Pasquale Sorrento,
ragazzo di 29 anni. Lo stesso gruppo di fuoco, con armi nuove, si presenta
davanti all’ufficio postale, quattro ore dopo, in pieno centro storico: vengono
presi di mira due fratelli, Giovanni e Giuseppe Grimaldi, di 54 e 59 anni,
incensurati ma con legami di sangue con la ‘Ndrina Grimaldi. Cercano di
scappare, ma inutilmente. Il primo ad essere abbattuto è Giovanni. Giuseppe cerca
rifugio nella sua bottega di salumiere ed afferra un coltello per difendersi. Il
killer gli spara, e mentre è ancora vivo, agonizzante in terra, gli toglie il
coltello dalla mano e gli taglia la testa. Poi esce dal negozio con la testa
mozzata in mano e, davanti ad almeno venti persone terrorizzate, la getta in
aria e si diverte, con il suo complice, a fare tiro al bersaglio sulla testa
che vola. Alle 20,30 viene ucciso Rocco La Ficara, venditore di bombole a gas,
36 anni, cognato di Pasquale Sorrento, la prima vittima. Quattro morti in un
solo giorno nello stesso paese.
Tre giorni dopo, di sera, tre manovali di ‘Ndrangheta, di
cui due zingari, vengono uccisi in un bar di Laureana di Borrello, a trenta
chilometri da Taurianova, a colpi di fucile e di pistola. Si tratta di Emilio
Ietto, di 32 anni, Leonardo Minzoturo, di 20 anni e Luigi Berlingeri di 25. I
corpi di Minzoturo e Berlingeri sono stati trovati all' esterno del locale,
all'interno il terzo. Nove giorni dopo viene ucciso, a Carmignano del Brenta,
un affiliato del clan Pesce, che si trovava lì al soggiorno obbligato.
Complessivamente, la faida di Taurianova, durata dal 1989 al
1992, produce 32 morti, ci sono casi di uccisioni persino a Genova, ed ha un
impatto enorme sull’opinione pubblica, per l’efferatezza di scene come quella
della testa mozzata lanciata nella piazza di paese. L’esigenza di smantellare,
sotto questa ondata emotiva, la collusione dei clan di Taurianova con l’amministrazione
comunale produrrà la norma che consente lo scioglimento delle amministrazioni
comunali per infiltrazione mafiosa.
Ernesto Fazzalari, è stato arrestato oggi dopo una latitanza
durata per ben vent’anni, in uno dei bunker sotterranei nei quali, complice l’omertà
e la presenza di reti di collaborazioni, i latitanti vivono per anni come topi, vicinissimo
al loro feudo. Una latitanza di
lusso, nel bunker si trovano elettrodomestici di tutti i tipi, ivi compresa una
televisione satellitare, sigari, champagne di marca. Ed è sospettato di aver
preso parte attiva alla faida di Taurianova. Questo spiega la sua caratura criminale, che
lo ha portato a diventare il secondo più importante ricercato. Secondo
la Dia, oggi il clan Fazzalari sarebbe alleato con gli Avignone e gli Asciutto,
con un cambiamento di campo rispetto ai fatti sopra ricordati.