E' in fondo una rivisitazione del giolittismo, non a caso considerato dalla storiografia ufficiale come una fase felice della nostra politica, e non quello che fu veramente, cioè un porcile. Nel giolittismo, come è noto, si congela la fotografia sociale, eliminandone la dinamica, in cambio di un trickling down di piccole concessioni socio-economiche, quanto basta per ottenere la pace sociale ed impedire che le tensioni sfocino in proteste. A questa visione Draghi è diretto: ecco che al popolaccio infame diamo un pò di decontribuzione, non troppa, per un anno, un aiutino per pagare le bollette, una leggina inutile sulle delocalizzazioni, un pò di formazione professionale, un assegnino per i figli. Purché non chieda una partecipazione diretta alla gestione del potere, purché non faccia scioperi, purché accetti una compressione definitiva della sua rappresentanza politica, purché, in ultima analisi, accetti la realtà di una oligarchizzazione e verticalizzazione della società senza rompere le palle al timoniere, alle lobby di potere che lo circondano ed alla corte di servitori, lobbisti e manutengoli che servono per sorreggerlo.
Questo obiettivo viene pervicacemente ma maldestramente perseguito pensando, tramite il controllo quasi totale dell'informazione, di nascondere sotto il tappeto la polvere delle tensioni sociali crescenti.
Si sparano dati ad cazzum su una pretesa ripresa economica con boom di assunzioni, senza dire che si tratta solo di un fisiologico e momentaneo rimbalzo della congiuntura e che le assunzioni sono quasi tutte con contratti precari e sottopagati, mentre migliaia di lavoratori a tempo indeterminato perdono il posto per la delocalizzazione che, in alcuni settori (automotive, tessile/abbigliamento, elettrodomestici, trasporto aereo) assume le dimensioni di un fugone generalizzato da una barca in affondamento e 200.000 lavoratori in CIG, fra tre giorni dal momento in cui scrivo, si ritroveranno senza nessuna copertura sociale.
Si fa trasudare una ottimistica e trionfalistica retorica su una presunta progressiva vittoria sulla pandemia, tanto più grottesca quanto più i dati sono lì a smentirla, fino ad arrivare a vette di totale irragionevolezza a-scientifica, come la decisione odierna di non far fare la quarantena a chi è vaccinato, o le torsioni assurde per evitare di tornare indietro anche a mini-lockdown molto limitati nel tempo e nello spazio, che però potrebbero alleggerire le strutture ospedaliere.
Si esalta il piano giavazzian-draghiano di riforma del Patto di Stabilità, chiamando a raccolta anche i pochi economisti ancora di sinistra, senza dire che è un collage di vecchie idee avariate senza nessuna possibilità di essere accettate, senza dire che Macron ci scaricherà non appena avrà convenienza a tornare al dialogo preferenziale con Berlino.
In definitiva, si conta sul fatto che le tensioni sociali, messe sotto il tappeto di una informazione totalmente avulsa da un minimo senso di realtà e spesso francamente ridicola, non abbiano una direzione politica, speculando sul disastro politico e sindacale della sinistra, smorzando le richieste popolari con i ragionamenti addormentanti e sedativi di un Letta o di un Orlando o con l'ecumenica pacatezza di un sindacato giallo. Si manda in avanscoperta Mattarella a dire che lascia un "Paese unito", quando le strade e le case ribollono di una tensione mai più vista negli ultimi trent'anni.
Ma le tensioni intanto crescono, e non possono trovare uno sbocco a sinistra, perché la possibilità che rinasca una sinistra politico-sindacale sufficientemente all'altezza dei tempi è pari allo zero termico, per una serie di fattori concomitanti (sgretolamento dell'unità di classe e della relativa coscienza come effetto della disgregazione del mercato del lavoro, retorica dell'individualismo libertario che è penetrata a fondo nell'identità collettiva, posizionamento - unico in tutta Europa - di un partito dichiaratamente non socialista nell'area sociale tradizionalmente di proprietà della sinistra, arretramento culturale del sindacato e frammentazione alla sua base).
Non trovando sbocco a sinistra, esse transitano attraverso la retorica poujadista e antistatalista della piccola borghesia, che si manifesta nel movimento no-green pass, attraverso il libertarismo dirittocivilista ed elitista dei ceti medi istruiti sardinati, direttamente cooptati nel sistema oligarchico con un posizionamento solo apparentemente, e nel solo breve periodo, favorevole, attraverso l'autorganizzazione scoordinata, rabbiosa ma sterile, dei gruppi di lavoratori che perdono il lavoro, attraverso la solitudine disperata, consumata per ora tra le mura domestiche, del cinquantenne che ha perso il lavoro, o del pensionato che non arriva a fine mese, o di chi è lasciato solo con un disabile o un malato cronico, e che si manifesta all'esterno con l'impressionante crescita degli omicidi-suicidi di interi nuclei familiari.
La pura e semplice legge di gravità, però, vale anche in politica, e ci dice che, prima o poi, tutte queste proteste isolate e prive di una possibilità di coordinamento, perché esprimenti idee ed interessi molto diversi (niente unisce il millenial o il negoziante che protestano per una idea di "libertà" individuale legata alla mercificazione di ogni aspetto della vita con l'operaio che lotta contro la delocalizzazione della sua azienda) finiranno per collassare in una massa unica, attirandosi l'una con l'altra per inerzia. L'unico collante possibile sarà quello di una rabbiosa e cieca rivalsa contro il potere, anzi, contro tutto ciò che ha abbastanza autorità per far parte della sfera ampia del concetto di potere: la casta politico-imprenditoriale, con i suoi addentellati consulenziali e giornalistici, la scienza, percepita come asservita al potere, la scuola, la legge e l'ordine pubblico, e così via. Una furia cieca e senza direzione, che farà esplodere un incendio, pronta, probabilmente, a farsi addomesticare dall'Uomo Forte, l'ennesimo avventuriero con mascella di acciaio, virtù salvifiche e con una idea di "terza via" che affolla l'italica storia.
Ciò potrebbe avvenire a breve. Nel giro di un paio di anni, il rimbalzo congiunturale spacciato per "ripresa" si incarterà su sé stesso, il Paese si ritroverà impoverito e precarizzato ulteriormente, con l'aggravante che finirà anche il sostegno monetario a manetta della Bce, per cui per evitare il default, in condizioni di isolamento politico e diplomatico, occorrerà tornare a forme di austerità dolorose e da macelleria sociale. A quel punto, anche il Corpo Mistico del Santo Banchiere, rivenduto al popolo come demiurgo infallibile, si scioglierà, rivelando la realtà di un tetragono e un pò grigio burocrate con una fame di incarichi senza fine. Il teatrino di cartapesta, pietosamente usato per smerciare l'idea di un Paese in rinascita, brucerà, e i suoi burattinai resteranno nudi di fronte alla loro stessa sconfitta.
L'Italia probabilmente scivolerà rapidamente verso una crisi da default, un arretramento definitivo verso il gruppo dei Paesi a reddito medio-basso, forse anche una fuoriuscita "forzata" dall'euro ed una disgregazione territoriale "de facto" sotto i vessilli del federalismo, sarà necessario ricorrere a forme di autoritarismo caudillistico per tenere insieme i brandelli strappati del Paese.
Chi è causa del suo mal pianga sé stesso.