E' evidente che andiamo in direzione di una robustissima vittoria elettorale della destra, favorita anche da una legge elettorale incomprensibile.
E' sostenibile l'idea che la destra riesca a durare per tutta la legislatura, anche in presenza di una vittoria amplissima?
Il programma elettorale è chiaramente insostenibile. Ho fatto quattro conti. In
base ai dati del Dipartimento Finanze, la versione minimale della flat tax
(solo per partite IVA fino a 100.000 euro di reddito e solo per soggetti Irpef
che vedano crescere i loro redditi per la parte incrementale) costa circa 6,5-7
miliardi. Il superamento della Fornero, anche nella versione più
"soft" della quota 100 introdotta da Salvini, costa 3 miliardi all'anno
(quota 41 ne costa circa 4). Un aumento anche assolutamente minimo (20 euro al
mese) delle pensioni sociali e minime costa 1 miliardo. Con la riduzione
dell'IVA sull'energia viaggiamo sui 3 miliardi all'anno. Un dimezzamento
dell'IVA sui soli prodotti alimentari di prima necessità (quelli soggetti alle
aliquote del 4% e del 10%) costa circa 3 miliardi. Il cuneo fiscale, anche
nella versione minimale proposta dal governo Draghi, con effetti quasi
impercepibili, costa 3,2 miliardi.
Siamo già attorno ai 20 miliardi
di promesse elettorali. E poi ci sono gli aiuti per le famiglie, per i
divorziati, per la natalità...Arriviamo facilmente ai 25 miliardi. E poi c'è la
promessa di portare la flat tax, a regime, per tutti, una cosa che costerebbe
attorno ai 20 miliardi all'anno, anche con l'aliquota più alta proposta da
Berlusconi. E arriveremmo a circa 37-38 miliardi di maggior spesa annua
strutturale. E ancora, la proposta elettorale della destra sembra riproporre
una qualche forma di bonus per l'edilizia...
E' inutile andare a Bruxelles a
dire che la flat tax innesca maggiore crescita economica e riduce l'evasione, o
che la riduzione dell'aliquota IVA produce maggiori consumi. Da questo orecchio
non ci sentono (anche perché, dalla reaganomics in poi, le curve di Laffer
funzionano malissimo). E' inutile pensare di recuperare risorse dall'abolizione
del reddito di cittadinanza: la misura costa 8 miliardi all'anno. Basta appena
a coprire la flat tax nella sua versione "mini".
Entro l'inverno, è probabile che
ci sarà la bozza di riforma del Patto di Stabilità, che con l'incrinamento del
rapporto strategico Francia-Italia impostato da Draghi rischia di essere una
proposta piuttosto severa, che concederà al massimo qualche investimento
strutturale extra deficit e ed un allentamento della regola del pareggio
strutturale, introducendo tetti alla spesa corrente.
E' molto probabile, quindi, che
il 60-70% delle promesse elettorali della destra sia semplicemente
irrealizzabile perché non passerebbe il vaglio della Commissione Europea. I
primi problemi con la Ue potrebbero arrivare già ad aprile, se nel nuovo DEF il
nuovo Governo anticipasse questa roba qui. Arriverebbero
"raccomandazioni" al ribasso durissime.
E poi c'è la promessa di
"rivedere" il Pnrr, per togliere tassisti e balneari dalle riforme
strutturali concordate con la Ue. Una revisione che ha zero spazi di negoziato.
Le liberalizzazioni sono condizione sine qua non per l'erogazione delle rate
del Pnrr e la Commissione considera il documento chiuso ed il negoziato finito.
Il capitolo di contrasto alle
migrazioni è un altro specchietto per le allodole. La Libia è un Paese
pericolosissimo in guerra civile, pensare di mettere hotspot a gestione
europea, sostituendo i lager gestiti dai libici, è pura propaganda. Peraltro,
le legislazioni di tutti i Paesi dell'Africa del Nord proibiscono di creare sul
loro territorio aree a sovranità extraterritoriale gestite da stranieri. Il
blocco navale può funzionare, ma se svolto soltanto dalla nostra Marina e
Guardia Costiera è costosissimo, richiedendo quindi la collaborazione di altri
Stati europei. Ma come dimostra l'esperienza di Frontex, si possono fermare le
imbarcazioni soltanto nelle acque territoriali del Paese di partenza, che
ovviamente sono gestite dalla Guardia costiera libica, corrotta e poco
efficiente. Le imbarcazioni intercettate in acque internazionali, o ancora
paggio nelle nostre acque territoriali, non si possono semplicemente prendere e
riportare indietro. C'è una legislazione internazionale che impone di portarle
nel porto più sicuro. Cioè o da noi o a Malta, ma a meno di non invadere
militarmente La Valletta, i maltesi ci sentono poco da questo orecchio, ed i
rimpatri sono costosissimi (un rimpatrio di massa di tutti i clandestini
presenti in Italia costerebbe circa 3 miliardi) e non fattibili per ostracismo
dei Paesi di origine, con i quali occorrerebbe fare ulteriori accordi economici
molto onerosi per "ammorbidirli". Quanto poi a una revisione solidale
di Dublino per redistribuire gli arrivi con gli altri Stati membri, possiamo
anche dimenticarcelo. Con la politica dei porti chiusi di Salvini prima o poi
ci scapperà il morto. E allora sì che il governo cadrà. E la pressione
migratoria dall'Africa, sotto la spinta dei cambiamenti climatici, della
accelerazione demografica e della povertà, crescerà inevitabilmente nei
prossimi anni: le previsioni Istat parlano di circa 250-300.000 arrivi
all'anno, a fronte dei 150.000 medi del periodo pre pandemico.
Una politica meramente
repressiva, come quella della destra, sarà sempre più difficile da esercitare. Secondo
l’IFs, entro il 2035 gli africani in povertà saranno 80 milioni in più rispetto
a quelli attuali, a causa degli effetti di lungo periodo dell’epidemia di Covid
sui tassi di crescita e sulle diseguaglianze di accesso ai servizi sanitari di
base. Il 50% di essi avrà meno di 26 anni, quindi sarà in età da emigrazione. 118
milioni di africani saranno inoltre colpiti, entro il 2035, dagli effetti del
cambiamento climatico, sotto forma di mancanza di acqua, desertificazione delle
terre coltivabili, alluvioni, caldo estremo. E’ del tutto impensabile una
politica di blocco che non sia seguita da interventi di sostegno allo sviluppo
agricolo, economico, educativo, di institutional building,, infrastrutturale, a
volta anche di pacificazione bellica, dei Paesi della fascia sub-sahariana,
interventi che la nostra diplomazia può negoziare con i Paesi di partenza dei
flussi in cambio di una politica di maggiore contenimento e disincentivo,
materiale e culturale, all’emigrazione (anche utilizzando le reti della Chiesa
ivi presenti). Interventi che, mirati a 5-6 Paesi principali di partenza e/o transito
(Libia, Tunisia, Nigeria, Marocco, Bangladesh e Filippine per quanto riguarda l’Asia,
considerando che il grosso dell’immigrazione, proveniente dall’Europa dell’Est,
è più facilmente integrabile nella nostra società), potrebbero costare meno di
un imponente sistema di blocco, repressione e rimpatrio.
Quanto alla riforma
costituzionale, è molto improbabile che la destra abbia i numeri per farla da
sola, poiché le proiezioni di voto parlano di un 61-62% di seggi, per cui dovrebbe
convincere Calenda e Renzi, che modificherebbero in modo sostanziale i cardini
stessi del progetto (essendosi peraltro dichiarati contrari al presidenzialismo),
oppure affidarsi all'alea, molto rischioso, del referendum confermativo, che ha
dimostrato quanto poco gli italiani apprezzino cambi profondi della Carta.
In breve: nel giro di un paio di
anni al massimo, alla seconda legge di bilancio lontana dalle promesse
elettorali, la destra rivelerà la sua incapacità di realizzare il suo
programma, sarà commissariata di fatto da una nuova austerità, i suoi elettori
saranno profondamente delusi, le scadenze per le varie tornate di voto
amministrativo diverranno vie crucis, la Lega e i FdI inizieranno a farsi
concorrenza ferocemente per scaricarsi a vicenda le responsabilità della
mancata attuazione del programma, creando tensioni sempre meno gestibili dentro
la maggioranza, e Berlusconi, incassato ciò che gli interessa (la nomina a
Presidente del Senato e/o ruolo istituzionale equipollente ed una riforma
restrittiva della giustizia che gli chiuda i processi residui) penserà a
smarcarsi dal tandem Salvini-Meloni per evitare di condividerne la fine e
collocarsi sul suo asse preferito di moderatismo. Seguito quasi certamente da
Toti e Lupi, che da soli con la destra più estrema e senza la garanzia di
Berlusconi hanno notevoli incompatibilità.
A quel punto, anche se FdI e
Lega, insieme, dovessero ancora conservare una maggioranza parlamentare di
misura, essi sarebbero di fatto commissariati dall’Europa e in caduta libera di
consensi, con un esecutivo molto fragile e sottoposto ai diktat di singoli
parlamentari, di fatto ingestibile. La fine sarebbe prossima, e con essa l’avvento
di un nuovo governo tecnico sarebbe pressoché certo. Evidentemente, il perno di
tale nuovo governo sarebbe il Pd, che si è infatti preparato la coalizione (o
ha cercato di farlo, nel tentativo fallito di imbarcare Calenda) per farsi
trovare pronto ad un nuovo esecutivo tecnico, cui persino FdI, con la svolta
moderata, atlantista, europeista e “antifascista” che la Meloni sta dando al
suo partito, potrebbe partecipare, rendendo meno amaro il fallimento del suo
tentativo politico.