L’attentato riesce: le ore successive
La storia non si fa di “se”, ma
siccome è sempre divertente immaginare scenari, proviamo ad immaginare cosa
sarebbe successo se l’attentato ad Hitler nella “Tana del Lupo” il 20 luglio
1944 fosse riuscito. In fondo sarebbe bastato pochissimo per invertire la
direzione della storia. Sarebbero bastati due o tre minuti in più a Von
Stauffenberg, impegnato ad innescare i due ordigni, prima di essere chiamato
con impazienza da Keitel nella sala-riunioni senza riuscire ad innescare il
secondo. Sarebbe bastato che il colonnello Brandt non avesse spostato, con il
piede, la valigetta contenente l’esplosivo, posizionandola in un punto in cui
non poteva più essere mortale per Hitler. Supponiamo allora che queste microscopiche
casualità non si siano verificate, e vediamo cosa sarebbe potuto succedere. Le
due bombe esplodono contemporaneamente. Mentre sta salendo sull’aereo che lo
riporterà a Berlino, Von Stauffenberg vede i soccorritori che portano il
cadavere del Fuhrer fuori dalla casa in fiamme.
L’intero Alto Comando della Wehrmacht, da Keitel a Heusinger a Jodl,
muore insieme ad Hitler. In giornata, i principali gerarchi nazisti vengono
arrestati: Goebbels, Von Ribbentropp, Himmler, Bormann, Muller, Rosenberg e Goering vengono immediatamente resi inoffensivi. Alcuni, come
Speer, passano dalla parte dei rivoltosi.
I congiurati fanno scattare il
Piano Valchiria, originariamente un piano per contrastare possibili colpi di
Stato contro il Reich, abilmente modificato nei mesi precedenti da Von Tresckow,
uno dei generali ribelli, per usarlo al fine di prendere il controllo dello
Stato dopo l’uccisione di Hitler. Le milizie territoriali e i reparti della
Wehrmacht agli ordini di generali ribelli prendono immediatamente possesso di
tutti i punti nevralgici di Berlino, Parigi, Vienna e Praga: Ministeri,
Parlamento, sedi del partito, uffici dei Gauleiter, comandi delle SS e della
Gestapo, stazioni radiofoniche e sedi di giornali. Mussolini, in visita
ufficiale ad Hitler nel pomeriggio stesso dell’attentato, ed all’oscuro di
tutto perché in volo, viene arrestato non appena atterra in Germania. Verrà
usato come merce di scambio nelle successive trattative con gli Alleati. Migliaia
di ufficiali delle SS e della Gestapo, in Francia, a Berlino, in altre zone
della Germania e sul fronte russo, presi di sorpresa, sono tratti in arresto
dai comandanti regionali facenti parte del putsch, alcuni immediatamente
fucilati sul posto. Fromm, comandante dell’esercito di riserva, Rommel, Von
Manstein, Guderian e Model aderiscono immediatamente, con le loro unità, alla
ribellione in atto.
La sala riunioni della Tana del Lupo dopo l'esplosione
In serata l’ex generale Ludwig
Beck, designato nuovo Capo dello Stato, rivolge un messaggio radiofonico alla
Nazione: Hitler è morto, il regime nazionalsocialista è finito ed i suoi
principali esponenti sono stati arrestati, il Governo verrà assicurato pro
tempore dagli insorti, e sarà ripristinata la Costituzione di Weimar. Il dottor Gordeler sarà il Cancelliere. Le unità della
Wehrmacht, delle SS, della Polizia e della Gestapo devono obbedire incondizionatamente
al nuovo Governo, o verranno considerate passibili di insubordinazione, arresto
immediato ed esecuzione dopo sommario processo. La polizia e la milizia
territoriale si faranno carico di soffocare qualsiasi manifestazione non
autorizzata. Il Governo avvierà immediate trattative con gli Alleati per la
cessazione di ogni ostilità e la tutela del territorio e della popolazione
tedesca. Come segno di buona volontà, i campi di concentramento e di lavoro con
prigionieri civili devono essere immediatamente chiusi, ed i relativi
prigionieri rimessi in libertà e riavviati via ferrovia verso il loro Paese di
origine. Tuttavia, sino ad ordine contrario, i comandanti militari sul campo
devono proseguire i combattimenti secondo le disposizioni già ricevute e quelle
che verranno di seguito emanate, soltanto con finalità difensive delle
posizioni già acquisite ed astenendosi dal lanciare offensive di alcun genere.
Seguono misure straordinarie per la sussistenza alimentare della popolazione.
Il nuovo Reichspresident, Ludwig Beck
La notizia filtra immediatamente
nelle principali capitali Alleate. Stalin, furioso, annuncia che la guerra
continuerà fino all’occupazione della Germania ed alla distruzione dei suoi
dirigenti, senza nessuna tregua. Churchill e Roosevelt sono molto cauti e
scettici. Da un lato, vogliono vedere se realmente la rivolta attecchirà, in un
Paese sino a quel momento fanaticamente seguace di Hitler. D’altro lato, delle
decisioni sono state già prese durante la conferenza di Teheran del 1943,
segnatamente la divisione della Germania in più Stati per impedirne un
risorgere di potenza militare e lo “spostamento” verso ovest del territorio
della Polonia, fin sulla linea Oder-Neisse, sottraendo alla Germania territori
indiscutibilmente tedeschi da sempre per compensare la Polonia dei territori
orientali, oramai già annessi dall’Armata Rossa all’Unione Sovietica. Tutto ciò
contrasta con l’intenzione del nuovo Governo tedesco di preservare l’integrità
territoriale della Germania. E’ evidente che i tedeschi devono accettare una
resa senza condizioni, non possono pensare di negoziare.
Il giorno dopo, un pensieroso Ulrich
Von Hassel si reca a Mosca a parlare con Molotov con un aereo della Luftwaffe.
Appena nominato Ministro degli Esteri del nuovo governo, questo aristocratico
ex diplomatico deve convincere i sovietici a fermare l’offensiva verso la
Germania, oramai arrivata in prossimità della Prussia orientale, preservando,
oltre che l’integrità territoriale tedesca, il controllo sulla Polonia
Orientale e Danzica (eventualmente con
la concessione ai polacchi della libertà di uso del porto) sull’Austria e sulla
Cechia, dove la Germania ha un protettorato. Sa bene che Stalin non ne vuole
sapere niente. Riuscirà solo a tornare a Berlino senza essere arrestato dal
Kgb, senza aver ottenuto nessuna apertura da parte dei sovietici.
I cambiamenti immediati nello scenario internazionale
La situazione internazionale,
come effetto del golpe, sta mutando rapidamente. Come effetto dell’arresto del
Duce, il maresciallo Graziani viene nominato nuovo capo della Repubblica di
Salò, ed avvia immediatamente trattative di pace con gli Alleati, consapevole
di non poter più fruire dell’aiuto militare tedesco. Nel giro di una settimana,
la Repubblica Sociale Italiana capitolerà senza condizioni, ottenendo soltanto
un salvacondotto personale per i suoi gerarchi, ed il Governo Badoglio
estenderà la sua influenza su tutto il Paese. Almeno 27 divisioni inglesi ed
americane vengono immediatamente trasferite sul fronte occidentale, per
supportare l’avanzata verso Parigi. Le divisioni tedesche sotto il controllo di
Kesselring, meno infiltrate dai ribelli ed ancora fedeli al nazismo, risalgono
verso l’Austria, sotto pesantissimi bombardamenti alleati e continue imboscate
dei partigiani, per difendere il controllo tedesco dell’Austria. Al loro
passaggio, per rappresaglia contro gli italiani, devastano città e villaggi,
distruggono infrastrutture e massacrano la popolazione civile.
In Romania, dove alcuni reparti
dell’Armata Rossa sono già entrati, il Re Michele I destituisce Antonescu e
firma l’armistizio con gli Alleati, nel tentativo di salvarsi dall’invasione
sovietica, volgendo le sue truppe contro i tedeschi, costretti alla difensiva.
In Bulgaria, Grecia e Iugoslavia, le forze partigiane locali, galvanizzate
dagli eventi berlinesi, organizzano massicce offensive contro le forze di
occupazione tedesche, nel tentativo di liberare il proprio Paese da sole. In
Slovacchia ed in Ungheria, i locali governi filonazisti iniziano a sostituire
gli elementi più compromessi con il vecchio regime di Hitler con politici più
moderati, aprendo anche a ministri socialisti e comunisti, per ingraziarsi
l’Unione Sovietica, che avanza minacciosa. In Francia, il governo di Vichy di
Laval e Pétain si dimette, ed i due fuggono in Spagna, nel tentativo di
salvarsi, lasciando il Sud del Paese nell’anarchia.
Di fronte a questo crollo dello
scenario internazionale, Von Hassel si sente ripetere da Roosevelt e Churchill,
con toni meno truculenti di quelli di Stalin ma ugualmente decisi, l’invito ad
arrendersi senza porre condizioni e senza negoziare alcunché. L’annuncio fatto
da Beck via radio nella notte del putsch, riferito all’ordine di liberare i
prigionieri dei campi di concentramento, conferma in Roosevelt ed in
Churchill un sospetto tremendo, che già aleggiava: i nazisti gestiscono campi
di sterminio per eliminare fisicamente gli ebrei e le altre minoranze etniche
rastrellate dagli Einsatzgruppen delle SS. Di fronte alla conferma di tale
sospetto fornita indirettamente da Beck, la comunità ebraica internazionale fa
pressioni molto forti per non far terminare la guerra, per non accettare un
armistizio: occorre avanzare, per liberare i campi ancora sotto il controllo
tedesco, che potrebbero essere pieni di prigionieri da salvare. E, in vista di
un processo contro i vertici politici e militari del Reich, assicurare alla
giustizia internazionale i responsabili, che potrebbero annidarsi anche fra gli
ufficiali che hanno realizzato il golpe: uno dei congiurati, il generale
Hoepner, nel 1941 ha dichiarato alle sue truppe che “la campagna in Russia è la
lotta per difendere la cultura europea dall’orda moscovita-asiatica, e per
respingere l’ebraismo ed il bolscevismo”, invitando i suoi soldati a sterminare
il nemico senza pietà. Lo stesso Von Tresckow ha operato sul fronte orientale
in un’area in cui si fucilavano continuamente commissari politici e civili
inermi, e da comandante del Gruppo di Armate Centrale ha firmato personalmente
migliaia di ordini di rapimento e deportazione di bambini polacchi, inviati in
campi di lavoro tedeschi.
Il Governo dei ribelli frana rapidamente
Inoltre, gli Alleati respingono la richiesta
di armistizio perché la potenza militare tedesca sta tracollando rapidamente,
con il Paese che in pochi giorni scivola verso la guerra civile. Le divisioni
delle Waffen SS più fedeli al nazismo, la Leibstandarte, la Totenkopf, la Polizei
e la Das Reich, pur avendo subito l’arresto dei comandanti e dello Stato
Maggiore, si sono ritirate dai loro teatri operativi, in Francia, in Polonia,
nei Balcani, per riorganizzarsi in Germania meridionale sotto il comando di
Sepp Dietrich, sfuggito agli arresti iniziali. Unendosi all’unità di élite
Fuhrer-Begleit Regiment, reggimento di scorta del Fuhrer, già presente in
Germania e comandato da Remer, accordandosi con le forze di Kesselring
spostatesi in Austria dopo la fine della campagna italiana, proclamano il
Quarto Reich su Germania meridionale, Austria e Cechia, con capitale Monaco di
Baviera, resuscitando il partito nazionalsocialista e riconoscendo come nuovo Fuhrer
l’ammiraglio Karl Doenitz, anch’egli sfuggito all’arresto e fanatico seguace di
Hitler. La Slovenia viene immediatamente occupata. Approfittando del fatto che
gli alleati ed i partigiani di Tito non sono ancora arrivati in Friuli,
Trieste, Pola, Grado e l’Istria vengono occupate, al fine di avere uno sbocco
nel Mediterraneo. Il regime ustascià di Pavelic stringe una alleanza con il
nuovo Reich.
In pochi giorni, nel nuovo
autoproclamato Stato affluiscono, da tutta la Germania, decine di migliaia di
nazisti irredenti ed antisemiti radicali, che sanno di non aver alcun futuro
nella nuova Germania post hitleriana. Arrivano personaggi del calibro di Julius
Streicher, Jurgen Stroop o Adolf Eichmann, decisi a non arrendersi. Alcuni
comandanti di lager rifiutano di obbedire all’ordine di rilasciare i
prigionieri, e li passano per le armi. Avviene a Dachau e Mauthausen, che si
trovano sul territorio del Quarto Reich post-hitleriano, ma anche a Majdanek ed
Auschwitz, i cui comandanti, terrorizzati dall’arrivo dell’Armata Rossa,
pensano bene di sterminare tutti i prigionieri per cancellare le tracce dei
loro crimini.
A Monaco si riorganizza il Quarto Reich, agli ordini di Doenitz
Tra l’altro, a livello interno la
popolazione tedesca non reagisce positivamente al colpo di Stato, come avevano
sperato in un primo momento i ribelli. Aizzati dai nazisti superstiti, che
parlano di tradimento della Patria e di Paese consegnato ai temibili soldati
dell’Armata Rossa, i tedeschi, terrorizzati dalle rappresaglie dei sovietici,
temendo che l’uccisione di Hitler abbia indebolito il sistema difensivo della
Germania, scendono in piazza a protestare. Il 22 luglio una folla enorme
protesta sotto la Cancelleria del Reich, a Berlino. Von Stauffenberg, il cui
prestigio all’interno del nuovo Governo è indiscutibile per aver ucciso il
Fuhrer, sulla base della sua ideologia elitarista ed autoritaria, impone al Ministro
dell’Interno Leber, un socialdemocratico, che però deve a von Stauffenberg la
sua sopravvivenza, di usare le maniere forti. La polizia berlinese spara ai
dimostranti nel terzo giorno di manifestazione, causando la morte di 20
persone.
Tale evento aliena le simpatie
della Spd e dei comunisti, che passano all’opposizione. La situazione sociale è
aggravata dalla penuria di beni di prima necessità: il Cancelliere Gordeler,
che è un liberale, con ancora la memoria dell’iperinflazione di Weimar, rifiuta
la proposta delle opposizioni di sinistra di aumentare i salari, proprio mentre
viene diramato un ordine di nazionalizzazione completo di tutte le industrie
collegate al complesso militare, per riconvertirle verso la produzione civile,
che genera l’immediata ostilità dell’associazione degli industriali. Alfried
Krupp, il proprietario dell’omonimo colosso industriale, minaccia il Governo di
smantellare i suoi impianti industriali per portarli nel territorio del Quarto
Reich. Il 24 luglio degli ignoti sparano alle gambe di Lejeune-Jung, il
Ministro dell’Economia, azzoppandolo per sempre.
La reazione dei militari al
Governo al caos crescente è da militari. Con un ordine esecutivo, il Presidente
Beck impone il coprifuoco, la chiusura di giornali e radio dell’opposizione, la
riapertura dei lager per prigionieri politici appena liberati e la
nazionalizzazione immediata di tutte le banche e dei mezzi di produzione. In un
Parlamento blindato dalla polizia controllata da Von Tresckow, viene passata
una nuova Costituzione, che prevede l’autorizzazione del Governo per
l’esercizio di attività politica e sindacale, il reato di opinione, l’arresto
senza autorizzazione della magistratura per sospetta attività sediziosa ed il
depotenziamento del Parlamento.
Tali decisioni, anziché calmare
la situazione, la infiammano ulteriormente. Gordeler, da liberale, si dimette
per protesta dalla carica di Cancelliere, che viene immediatamente assunta da
Von Stauffenberg. Qualche giorno dopo, Gordeler verrà arrestato e sparirà. Di
lui non si saprà più nulla. Gli ex nazisti esautorati da cariche politiche ed
amministrative iniziano, con il supporto finanziario e logistico proveniente
dal Quarto Reich di Monaco e dagli industriali, ad organizzare un esercito
clandestino di resistenza. Si verificano scontri di piazza fra sinistra ed ex
nazisti, che ricordano il clima di Weimar. Nel caos, si verificano fughe di
massa dai penitenziari di criminali comuni, che vengono spesso reclutati
nell’Esercito Nazionale Popolare di Resistenza costituito dagli ex nazisti.
Furti, saccheggi ed omicidi sono all’ordine del giorno, mentre a polizia e
milizia territoriale viene data l’autorizzazione di sparare a vista.
Tornano i disordini tipici di Weimar
Le strategie di guerra cambiano
Il 15 agosto, a Damasco, è un
giorno caldo e pieno di sole. Nel calore spesso i canti dei muezzin si
inframmezzano alle campane delle chiese cattoliche. Finalmente, dopo gli eventi
tedeschi, i tre alleati, Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrano per
decidere la nuova strategia da tenere con la Germania, alla luce degli
sconvolgimenti verificatisi. Stalin ha paura che i due alleati occidentali
finiscano per fare accordi con il Governo di Berlino, e propone che le
operazioni militari proseguano come da decisioni già prese, senza alcuna
modifica ai piani operativi. Churchill e Roosevelt, in realtà, per i motivi
sopra esposti, non hanno alcuna intenzione di fermare le operazioni, solo che
il cambiamento di scenario impone, evidentemente, una modifica alle strategie
militari. Il Quarto Reich è arroccato fra le montagne austriache e bavaresi con
oltre trenta divisioni della Wehrmacht di veterani induriti dalle campagne
d’Italia e del Nordafrica e quattro divisioni di élite delle Waffen SS, con
corpi di volontari repubblichini italiani e cechi e l’esercito ustascià croato,
oltre ai partigiani cetnici di Mihajlovic che, in un disperato sforzo di
sopravvivenza, temendo (a ragione) l’aggressione sovietica, si sono alleati ai
nazisti. Un osso troppo duro da affrontare, per il momento.
Il ventre molle della Germania è
adesso il Governo di Berlino. Gli anglo-americani propongono di occuparsi della
liberazione della Francia ancora occupata, del Benelux, della Scandinavia e
della Germania centro settentrionale ed orientale, fino a Berlino, alla Prussia
Orientale ed a Danzica. L’Armata Rossa, partendo dall’Ucraina, potrebbe
attaccare da sud, attraverso la Romania, la Bulgaria, la Iugoslavia e la
Croazia, l’Ungheria, la Slovacchia, il Protettorato di Boemia e Moravia,
facendo pressioni al Quarto Reich da Sud. A quel punto, gli alleati, da nord,
ed i sovietici, da sud, stringerebbero il Quarto Reich in una morsa micidiale.
Stalin nicchia un po'. In una
logica che già guarda a Yalta ed alla divisione del mondo in sfere di
influenza, si tratta, in pratica, di regalare l’intera Germania centro
settentrionale, ivi compresa la liberazione, altamente simbolica, di Berlino,
agli occidentali. L’occupazione anglo-americana della Prussia orientale e di
Danzica, peraltro, significherebbe anche rinunciare alla Polonia, con cui del
resto Churchill ha sempre avuto un debito morale. D’altra parte, però, per
Mosca si tratterebbe di occupare militarmente i Balcani, garantendosi uno
sbocco navale sul Mediterraneo, antica rivendicazione della politica estera
russa, e l’Europa centrale, almeno fino all’Austria. Da quella posizione,
Stalin non dispera di poter portare nella sfera comunista anche l’Italia e la
Grecia, che per il momento sono sotto controllo anglo-americano.
D’altro canto, non è chiaro quale
sarà il destino della Germania meridionale sotto il controllo del Quarto Reich,
ovvero la Baviera, il Baden-Wurttemberg e la parte meridionale dell’Essen e della
Renania-Palatinato. Da georgiano astuto, comprendendo la fretta di Roosevelt e
di Churchill di chiudere l’accordo, Stalin rilancia, proponendo di estendere il
suo controllo anche sulla Germania meridionale, realizzando la divisione della
Germania già concordata a Teheran, con una Germania del Sud nella sfera di
influenza comunista, ed una Germania centro settentrionale ed orientale sotto
controllo capitalista. Baviera e Baden-Wurttemberg sono polpette prelibate, si
tratta di due lander con un apparato industriale molto forte e grandi
tradizioni produttive. Roosevelt e Churchill, però, chiudono: è ancora troppo
presto per decidere in merito.
La sconfitta finale della Germania settentrionale ed orientale
Sulla base degli accordi presi a
Damasco, le truppe anglo-americane presenti in Francia e l’esercito francese
del generale Leclerc provvedono, il 25 agosto, a liberare Parigi dopo una
durissima battaglia di cinque giorni, contro le truppe di von Choltitz e von
Stulpnagel, mentre la direttrice occidentale punta verso la Renania ed il
Belgio, scontrandosi, a partire da metà settembre, con le formidabili difese della
linea Sigfrido, rafforzate da truppe spostate dal fronte orientale per via
della parziale riduzione della pressione sovietica, ora diretta verso sud-ovest
e non più verso ovest. Per settimane, le difese tedesche resistono
valorosamente, causando pesanti perdite agli alleati. Il caos sociale regnante
in Germania, però, ostacola la produzione industriale bellica, danneggia la
logistica e riduce il reclutamento di volontari necessari per rimpiazzare le
truppe perse nella difesa delle frontiere. Il tentativo disperato di cercare un
cessate-il-fuoco impedisce di usare le nuove armi segrete a fini aggressivi, in
particolare le V1 e le V2.
Man mano che la difesa tedesca si
logora, senza validi rimpiazzi, che Metz, Bruxelles, Anversa e Aquisgrana
vengono conquistate con spaventosi scontri strada per strada, la situazione
politica interna peggiora ulteriormente. Un gruppo di ufficiali sostenuti da
Monaco di Baviera tenta un controgolpe, per far cadere un Governo giudicato
incapace di difendere la Patria, al fine di riunificare la Germania del Nord e
quella del Sud sotto un nuovo Reich. Il controgolpe fallisce, ma crea un
contraccolpo organizzativo e morale sulle truppe impegnate a difendere la
Patria. A metà ottobre, dopo durissimi combattimenti, gli alleati conquistano
il ponte Ludendorff a Remagen. Più a nord, in Belgio, dopo l’allagamento della
diga sul Roer, le truppe tedesche debbono ritirarsi da Anversa a febbraio 1945,
facendo di fatto cadere la linea difensiva del Reno.
Entro fine marzo la Ruhr, il
cuore minerario ed industriale della Germania, viene occupata dagli Alleati.
Von Tresckow viene catturato insieme a tutta la Prima Armata tedesca, aggirata
e rinchiusa in una sacca. Città come Colonia, Amburgo, Brema, Dortmund, Essen,
Francoforte e Dusseldorf cadono una dopo l’altra nel giro di due mesi. Sotto
l’impeto popolare, a fine maggio 1945 il Governo di Berlino cade. Von
Stauffenberg viene ucciso dalla folla rabbiosa che incendia il palazzo del
Cancellierato del Reich. Beck assume su di sé tutti i poteri.
La guerra difensiva e l’abilità
dei comandanti hanno però preservato una parte non irrilevante del potenziale
bellico tedesco. Lungo l’Elba viene organizzata l’estrema linea difensiva di
Berlino, con circa 50 divisioni ricostituite dai resti delle armate sconfitte, una
linea formidabile, ma Beck sa benissimo che non potrà resistere a lungo. Il
morale delle truppe è a zero, l’economia tedesca è distrutta, la popolazione è
in subbuglio ed è venuta meno la fiducia sul futuro. Un enorme bombardamento
aereo su Dresda, privo di qualsiasi motivazione militare, ma sanguinoso in
termini di perdite civili, è servito a demoralizzare ulteriormente i tedeschi. Le difficoltà di reclutamento renderanno
necessario, prima o poi, liberare e rimettere in servizio le migliaia di SS
infedeli arrestate all’indomani del golpe. Mentre eroicamente l’esercito si
immola a difesa dell’Elba, Beck rilancia il processo negoziale, sostituendo
l’inconsistente Von Hassel con Friedrich Von Der Schulemburg. Altro ex
diplomatico, da sempre un convinto fautore della più antica dottrina di
politica estera tedesca, ovvero l’espansionismo verso est con mezzi politici e
non militari (ciò che gli è costato l’avversione di Hitler e l’allontanamento
dalle funzioni diplomatiche) ha il vantaggio di avere una amicizia personale
con Molotov e la diplomazia sovietica. Nel 1941, cercò addirittura di avvertire
l’ambasciatore sovietico a Berlino, Dekanozov, dell’imminente attacco tedesco.
Più flessibile di Von Hassel,
Schulemburg presenta una proposta realistica di armistizio: rinuncia della
Germania a tutte le conquiste territoriali dal 1938 in poi, accettazione di un
periodo temporaneo di amministrazione militare anglo-americana, disarmo
completo di tutte le Forze Armate, accettazione di non ingerirsi in operazioni
militari contro il Quarto Reich, accettazione di una futura divisione della
Germania in due Stati, collaborazione piena a rintracciare e processare i
criminali di guerra, pagamento di riparazioni di guerra. Roosevelt e Churchill
accettano immediatamente l’armistizio a metà giugno 1945. Stalin inizialmente
rifiuta ma poi, messo di fronte al fatto acquisito, accetta la resa
incondizionata del Governo di Berlino il giorno dopo. Le truppe anglo
americane, senza più resistenza, percorrono tutta la Germania fino a Danzica,
arrestando il Governo di Berlino, con l’unica eccezione del Presidente Beck,
che viene però deposto. Mussolini, rimasto ancora in carico al Governo di Berlino,
viene preso dagli Alleati e, tramite non ben chiarite dinamiche, lasciato
fuggire in Spagna, prima, ed in Argentina, poi, da dove, per diversi anni, continuerà
a influire a distanza sulle vicende politiche italiane, manovrando il Movimento
Sociale Italiano e settori deviati e filofascisti delle Forze Armate e dei
servizi, fino alla sua morte naturale, nel 1965.
La sconfitta finale della Germania meridionale
Rimane però lo scoglio del Quarto
Reich. L’Armata Rossa, nel frattempo, ha invaso Bulgaria, Ungheria,
Cecoslovacchia, Iugoslavia, Croazia, sterminando al suo passaggio Tiso, Croci
Frecciate, collaborazionisti cechi, ustascià e cetnici, ed adesso preme alle
frontiere orientali austriache, sbaragliando le poche divisioni schierate dal
Governo di Berlino a protezione dei suoi alleati ungheresi, cechi e slovacchi,
fremendo per l’attacco finale al Quarto Reich. Ai primi di luglio 1945, inizia
l’offensiva da nord e da sud al Quarto Reich. Come da accordi sopravvenuti, le
forze anglo-americane non invaderanno il territorio tedesco meridionale,
lasciando che la sua occupazione sia fatta dall’Armata Rossa, che dovrà
inglobare tale area nella sua zona di influenza. Si limiteranno a tenere
impegnate alcune divisioni, con l’artiglieria e con piccoli e veloci attacchi
nelle aree frontaliere, e ad effettuare raid aerei sulle retrovie dell’esercito
tedesco-meridionale. Kesselring, come dimostrato nella campagna italiana, è un
eccellente stratega difensivo, e la natura montuosa del territorio lo aiuta a
rallentare l’avanzata dei sovietici, numericamente e tecnicamente superiori. La
fanteria di montagna delle SS è specializzata nella difesa di gole e passi
montuosi, ma le forze tedesche meridionali soffrono di una grande inferiorità
aerea, poiché la loro Aviazione è costituita dai pochi apparecchi reduci dalla
campagna d’Italia e dalla ridotta difesa aerea posta a protezione di Monaco e
Stoccarda nel periodo hitleriano, quando il grosso delle forze aeree di difesa
erano state schierate nella Ruhr, nei porti ed attorno a Berlino.
Stalin, peraltro, ha una grande
fretta: il 6 e 9 agosto, mentre l’Armata Rossa arranca ancora fra le montagne
austriache, gli americani lanciano le loro bombe atomiche su Hiroshima e
Nagasaki, producendo l’immediata resa del Giappone. L’Unione Sovietica deve
quindi concludere rapidamente l’invasione della Germania meridionale, prima che
gli Alleati ripetano il bombardamento su Monaco, attribuendosi poi il merito
della resa del Quarto Reich. Le truppe sovietiche avanzano con la forza della
loro superiorità numerica e della ferocia, lasciandosi dietro città e villaggi
distrutti, vittime civili, giustiziando i prigionieri catturati in battaglia,
specie se ufficiali. A fine agosto inizia la battaglia per la liberazione di
Vienna, mentre quasi contemporaneamente un altro spezzone dell’offensiva
sovietica punta su Graz. Kaltenbrunner, al comando delle forze di difesa di
Vienna, viene accerchiato, colpito duramente con artiglieria e bombardamenti
aerei, e costretto alla resa. Ma la città resiste per oltre un mese di
combattimenti strada per strada, perché Kaltenbrunner riesce a reclutare
milizie di cittadini e a lanciare contro le divisioni sovietiche persino i
bambini della Doenitzjugend, una organizzazione simile alla Hitlerjugend. Alla fine
si contano centinaia di migliaia di morti. Una delle città più belle d’Europa è
rasa al suolo.
A fine dicembre, l’Armata Rossa
entra in territorio tedesco, dopo aver superato le ultime difese attestate
attorno a Salisburgo. La strada per Monaco è aperta. Ci sono voluti quasi
cinque mesi ed enormi perdite, ma Doenitz, resosi conto dell’impossibilità di
difendere Monaco, corre incontro alle Armate di Zuckov ed a Rosenheim firma la
resa incondizionata. Un minuto dopo aver firmato i documenti di resa viene
preso in consegna da funzionari del Kgb e portato alla Lubjanka, a Mosca, per
interrogarlo. Il 30 dicembre 1945 la seconda guerra mondiale finisce.
Le conseguenze geopolitiche successive alla guerra
La Germania viene divisa in
quattro zone di influenza, che porteranno, a fine guerra, ad una divisione in
due Stati: la Germania Federale nella zona settentrionale ed orientale,
amputata di Danzica, della Pomerania e della Prussia, fagocitate dalla Polonia,
a democrazia liberale e dentro la NATO, insieme alla Polonia stessa, mentre la
Germania meridionale, insieme a Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Ungheria,
Iugoslavia, Albania e Austria, sotto controllo militare sovietico, diventano
Repubbliche Popolari.
L’Italia resta, come la Grecia,
nell’orbita della NATO, ma perde definitivamente, oltre a Fiume ed all’Istria,
anche Trieste: la presenza dell’Armata Rossa insieme all’Esercito di Tito,
infatti, toglie ogni possibilità di negoziato all’Italia. Migliaia di triestini
italiani vengono infoibati, decine di migliaia affluiscono come profughi in
Italia. Solo nel 1975 viene firmato un trattato italo-iugoslavo in cui viene concessa
alla comunità italiana di Trieste qualche forma di autonomia amministrativa e
di difesa della propria lingua.
Italia e Grecia diventano Paesi
fondamentali perché terre di confine fra le due cortine: l’Italia, per non aver
sperimentato una vera e propria sconfitta completa del fascismo repubblichino
(Graziani riuscirà ad ottenere un armistizio prima della sconfitta finale) ed
essendo influenzata dalle manovre esterne dell’ex Duce dall’Argentina, rimarrà
un Paese sostanzialmente fascista: la monarchia non sopravviverà al referendum,
ma la Costituzione repubblicana sarà molto meno progressista di quella attuale.
E durerà anche poco: nel 1964, con l’appoggio degli USA, un colpo di Stato
militare condotto dal generale dei carabinieri De Lorenzo metterà fine all’esperimento
democratico italiano. Più o meno contemporaneamente, nel 1967, la Grecia cadrà
sotto il regime dei colonnelli. Entrambi i Paesi saranno oggetto di
generosissimi aiuti economici da parte degli USA per impedire la loro caduta
nell’orbita comunista, e sperimenteranno forti tassi di crescita.
Non vi sarà nessuna esperienza di
socialismo non allineato alla iugoslava o all’albanese: entrambi i Paesi,
controllati dall’Armata Rossa e organizzati come Repubbliche sovietiche, saranno
rigidamente controllati da Mosca: nel 1950 Tito, che manifesterà qualche grado
di autonomia da Stalin, verrà destituito in un Congresso della Lega dei
Comunisti iugoslavi e sostituito dal più fedele Rankovic. Stessa sorta capiterà
ad Enver Hoxha.
Dal punto di vista della
Germania, il successo nell’attentato del 20 luglio 1944 sarà stato molto
relativo: non avrà impedito la prosecuzione della guerra per un altro anno e
mezzo, peraltro l’anno e mezzo più sanguinoso in termini di perdite umane, non
avrà impedito la resa catastrofica con la perdita di ogni guadagno territoriale
e la divisione in due del Paese, ma avrà quantomeno evitato il martirio di
Berlino. Le perdite umane non saranno, alla fine, molto dissimili da quelle realmente
verificatesi nella realtà storica. La guerra sarà durata qualche mese in più.
Il nazismo, sconfitto militarmente
in forma totale, a differenza del fascismo, sarà condannato per crimini contro
l’umanità nel processo di Norimberga (localizzato nella parte meridionale, a
controllo sovietico, del Paese) anche se alcuni nazisti di secondo piano, come
Eichmann, Stangl, Mengele, Priebke, Barbie o Brunner riusciranno,
temporaneamente, a sfuggire alla giustizia. La traiettoria storica e politica del
nazismo si esaurirà completamente.
La parte nord orientale del
Paese, inserita dentro una economia di mercato ed oggetto di forti aiuti
economici statunitensi, si riprenderà in pochi anni, diventando di nuovo una
grande potenza economica. La parte meridionale rimarrà sotto il giogo sovietico
fino al 1989, quando cadrà il muro fra Germania del Sud e Germania del Nord. Essendo
la Baviera una terra di grandi tradizioni cattoliche, essa eserciterà, nel
nostro scenario, lo stesso effetto dirompente esercitato, nella realtà storica,
dalla Polonia di Solidarnosc. Gli operai della Bmw, che negli anni del
socialismo reale produrrà piccole macchinine con motori a tre tempi e telaio di
vetroresina, fonderanno un sindacato cattolico in antagonismo con il regime,
che chiederà democrazia ed aumenti salariali. Fortemente aiutato dagli USA e
dal Vaticano, tale sindacato sarà uno dei fattori di progressiva rottura della
cortina di ferro.