El Salvador, anni Ottanta. La guerra civile impazza, il
Paese è nel caos. Migliaia di cittadini del Paese ceontroamericano emigrano
verso gli USA, legalmente, perché l’Amministrazione Reagan, che supporta il
Governo militare fascista, cerca di ripulire la sua immagine aprendo le braccia
ai salvadoregni in fuga, o clandestinamente. Fra questi, alcuni appartenenti agli
squadroni della morte dell’estrema destra, che, con la copertura della CIA, si
rifanno una vita negli USA, ed alcuni disertori dell’Esercito governativo. Ma anche
molti guerriglieri del FMLN, la guerriglia marxista-leninista supportata da
Cuba e dal Nicaragua sandinista, che fuggono dalla repressione militare che
segue ai due tentativi di offensiva del FMLN, del 1981 e del 1989, duramente
soffocati. La fuga di massa dei guerriglieri del FMLN è legata all’attività di
Sombra Negra, gruppo paramilitare finanziato dalla CIA, che ha il compito di
uccidere tutti i componenti della guerriglia comunista.
Soprattutto questi ex guerriglieri si localizzano nell’area
di Los Angeles, creando, inizialmente, una associazione di protezione degli
immigrati salvadoregni, con il compito di difenderli dalle aggressioni e prepotenze
di altri gruppi di migranti, soprattutto guatemaltechi e messicani. Per fare
ciò, circolano le armi e l’addestramento militare indurito in lunghi anni di
guerriglia non si dimentica mai. Tra gli immigrati salvadoregni, ci sono
moltissimi ragazzi ed adolescenti, rimasti senza la famiglia, massacrata nella
guerra civile oppure abbandonata nel Paese natio. Ragazzi allo sbando, che
cercano qualcuno, o qualcosa, che sostituisca una famiglia. E che vengono
arruolati in massa nell’organizzazione di autodifesa. Gli ex guerriglieri ed ex
militari li addestrano all’uso delle armi, alla disciplina. Nel giro di pochi
anni, c’è un piccolo esercito di diverse migliaia di soldati, che mantiene i
legami con la madrepatria, armato di tutto punto. A quel punto, nel caos
tentacolare di Los Angeles, città crudele controllata da gang latinoamericane e
nere che arricchiscono, nella povertà generale delle periferie, con il traffico
di armi e droga, nel contesto di duro confronto etnico, che culminerà, nel
1991, con il pestaggio del giovane nero Rodney King da parte della polizia, con
una conseguente sommossa che metterà la città a ferro e fuoco per settimane, localizzata
nel ventre dell’enorme ghetto di South Central in cui viveva la comunità salvadoregna,
la tentazione di imitarle, ed avviare attività criminali, diventa
irresistibile.
L’uccisione di due leader della gang salvadoregna fa
esplodere la violenza nelle strade di Los Angeles. Il salto di qualità avviene
quando si stringe una alleanza operativa con una gang storica, la cosiddetta “Mafia
messicana”, che garantisce alla Mara rispetto e protezione nell’ambiente
criminale cittadino. Nasce ufficialmente la Mara Salvatrucha, o Ms-13. Il nome
della gang alimenta un dibattito infinito. Probabilmente il termine “mara”
deriva dal nome di una formica centroamericana, particolarmente aggressiva. “Salvatrucha”
è un termine gergale per definire i salvadoregni. Anche se sin dall’inizio
delle attività criminali, la mara accoglie anche honduregni, guatelmaltechi,
messicani, nicaraguensi, persino piccole percentuali di neri. Sin dall’inizio,
si caratterizza come una delle gang più violente mai viste nelle strade di Los
Angeles . La sua rivalità con gli scissionisti di Barrio 18 o con i Latin Kings
fa scorrere il sangue. Il numero 13, considerato numero fortunato da molti
latinoamericani, è presente in numerosi tatuaggi identificativi. I membri della
gang, infatti, per farsi riconoscere, si tatuano il corpo con il nome della
Mara, il numero 13, parole come “Sur”, o simboli ed immagini sataniste. Gli stessi
simboli dei tatuaggi vengono usati per i graffiti con i quali demarcano le zone
sotto il loro controllo dell’enorme ghetto suburbano di L.A. gli altri membri
di gang diverse sono avvertiti: entrare in quelle zone significa morire. Elaborano
un codice di segni e gesti, in parte mutuati dalle gang afroamericane, per
comunicare, fra cui le corna, come simbolo del Diavolo.
La disciplina
militare è assoluta, ogni infedeltà viene punita con la morte, il motto è “se
vive por la mara y se muere por la mara”. Non ci sono eccezioni: persino uno
dei fondatori storici della Mara, Ernesto Miranda, detto “Smokey”, ex militare
governativo, viene assassinato per essersi rifiutato di partecipare alla festa
per la scarcerazione di una appartenente alla Mara. Un rifiuto interpretato
come una ribellione. Per entrare dentro il gruppo, il neofita deve accettare di
farsi picchiare selvaggiamente per 13 secondi di fila, oppure di entrare nella
zona di una gang rivale per commettere un omicidio. Le donne sono molto
raramente accettate, se non come mogli ed amanti dei componenti maschi, e
sottoposte in modo totale agli ordini degli uomini.
Nel 1996, le Autorità statunitensi, nel tentativo di
sradicare il gruppo, commettono un errore esiziale. Deportano migliaia di
immigrati salvadoregni sospettati di appartenere alla Ms-13 nel Paese di
origine. L’errore è tragico: i mareros deportati ricostituiscono la Mara in El
Salvador, ed utilizzano le relazioni maturate nel periodo trascorso negli USA
per costituire una criminalità transnazionale. Da El Salvador, un flusso enorme
di armi, droga e prostitute prende la strada degli USA, accolto dai terminali
statunitensi della Mara. In cambio, un flusso enorme di dollari esportati per
essere riciclati destabilizza la già fragilissima economia salvadoregna.
La Mara si organizza in una pluralità di cellule
semi-autonome, che pian piano, come un contagio, si diffondono in tutti gli
USA, e nei Paesi centramericani limitrofi, tanto da destabilizzarli: il vicino
Honduras diventa il secondo Paese per numero di omicidi al mondo. La classe
dirigente honduregna viene sottoposta a enormi pressioni. Quando, nel 2004, l’allora
presidente honduregno presenta un progetto per ripristinare la pena di morte
contro i membri di gang, la Mara uccide, per rappresaglia, 28 persone, molte delle
quali donne e bambini, su un autobus. Quando il successore prende il potere, il
giorno stesso del suo insediamento, trova davanti a casa una valigia, con
dentro un cadavere smembrato e decapitato. Un avvertimento molto chiaro a non
proseguire nelle politiche del predecessore. In El Salvador, la Mara è
riuscita, nel 2012, a coinvolgere il Governo e la Chiesa locali nel negoziato
di un accordo di tregua con gli storici rivali del Barrio 18, accreditandosi come
interlocutore politico.
Alla fine, la Mara diventa una organizzazione che conta fra
i 30.000 ed i 50.000 membri, ed un milione e mezzo di sostenitori esterni,
diffusa praticamene in tutto il mondo, ovunque vi siano comunità di emigrati
latinoamericani nelle quali insediarsi (è di qualche mese fa circa l’apparizione
della Mara in Italia, con il truculento episodio di Milano: ad un capotreno
viene amputato il braccio a colpi di machete da un giovane ecuadoriano, riconosciuto
poi come membro della Ms-13 per i tatuaggi sul corpo). Si articola su decine di
migliaia di cellule autonome, ognuna delle quali avente la sua gerarchia
interna (articolata sul leader, chiamato palabrero, e sui sottocapi, chiamati
primera palabra o segunda palabra) che però riconoscono una sorta di autorità
centrale di coordinamento internazionale, ubicata a El Salvador, una cupola
chiamata Ranfla Nacional. Si tratta di una vera e propria gang globalizzata,
che sfrutta la globalizzazione per reclutare membri fra i giovani immigrati, e
per commerciare droga, armi e prostitute lungo le rotte commerciali mondiali,
oppure per organizzare la tratta dell’emigrazione clandestina verso gli USA
attraverso il Messico. Una struttura molto flessibile, che adegua le sue
attività al singolo contesto nazionale in cui opera. Mentre negli USA, opera
come una tradizionale gang suburbana di strada, nel Centroamerica si occupa di
racket, estorsioni e commercio di armi. In Europa, ed in Italia in particolare,
sfruttano la loro capacità di controllo del territorio per offrirsi come
intermediari fra i grandi gruppi mafiosi che importano lo stupefacente, e la
rete degli spacciatori di strada.
Una gang globalizzata che ha elaborato un linguaggio di
tatuaggi, simboli e gesti per comunicare fra cellule diverse, operanti in
diversi Paesi. Che in molte carceri centroamericane ha creato una sorta di
autogestione: le guardie carcerarie vengono allontanate, i carcerati si
autoamministrano, trasformando il carcere in una sorta di periodo di riposo in
mezzo al lusso, dal quale continuare ad organizzare le attività criminali
esterne (come nel penitenziario salvadoregno di Ciudad Barrios, che è occupato
da 2.500 mareros, senza nessun secondino all’interno della struttura, e l’Esercito
posto all'esterno, per impedire le fughe).
Una gang di rinomata ferocia nel mondo criminale mondiale,
tanto che diversi mareros vengono reclutati come mercenari, da parte del
cartello di Sinaloa guidato dal “Chapo” Guzmán, per combattere nella guerra di
droga che infiamma il Nord del Messico. Che sfrutta la miseria e la
disperazione per reclutare ragazzi di strada, fra i 13 ed i 17 anni, trasformandoli
in crudeli assassini tramite una vera e propria scuola del crimine interna ad
ogni cellula. Talmente pericolosa da aver indotto l’FBI, nel 2004, a creare una
task force nazionale contro le gang, un centro nazionale di intelligence ed una
strategia nazionale di contrasto alle gang sottoposta al Congresso.
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