Il decesso recente di Carmine Schiavone,
storico boss della camorra casertana, poi pentito di eccellenza, rimette in
evidenza il tema degli assetti camorristici della provincia di Caserta, dopo i
durissimi e ripetuti colpi che la giustizia ha assestato al clan dominante dei
Casalesi, quello degli Schiavone-Bidognetti, sostanzialmente decimato ed
estremamente indebolito nella sua capacità di azione.
La camorra casertana condivide
alcuni tratti tipici di tutto il fenomeno camorristico campano, ovvero l’estrema
instabilità degli assetti di controllo del territorio, resa ancor più acuta
proprio dall’indebolimento del clan sinora dominante, ovvero i Casalesi, e
quindi dagli spazi che si aprono per le ambizioni di personaggi di seconda
fila, che cercano di farsi spazio per arrivare ai vertici. Secondo la relazione
semestrale della DIA, da cui è tratta l’immagine in testa a questo articolo, sarebbero almeno 17
i clan che si dividono il territorio della provincia, fra i quali i due gruppi
residui del clan dei Casalesi, ovvero il gruppo Bidognetti, che, nella diarchia
di comando del clan, fa riferimento a Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto ‘e
Mezzanotte”, concentrato nella zona fra Castel Volturno e Villa Literno, ed il
gruppo che fa riferimento ad Antonio “o Ninno” Iovine, attestato su San
Cipriano e San Marcellino.
Le evidenze investigative parlano di un gruppo che
si sta nuovamente consolidando, dopo i durissimi colpi subiti in passato per l’arresto
dell’intera linea di comando, facendo crescere nuove generazioni di boss, ed al
tempo stesso riconducendo alla disciplina i gruppi federati che cercano di
conquistare qualche margine di autonomia (in questo contesto, sempre secondo la
DIA, va inquadrato l’omicidio di un pregiudicato affiliato al gruppo federato
dei Papa, il 10 gennaio 2014). Tali gruppi stanno riaffermando la propri
autorità sul territorio anche tramite la ricostruzione di una intensa attività
di estorsione, che, oltre al provento, garantisce loro il rispetto e la paura da
parte della popolazione locale. La fazione dei Casalesi che fa riferimento a “Sandokan”
Schiavone è ancora quella che ha la maggiore potenza di fuoco. La forza del
clan risiede anche nei numerosi rapporti esterni che alimenta, sia con Cosa Nostra
siciliana, attraverso i Santapaola, sia con organizzazioni extracomunitarie, in
particolare albanesi, macedoni, turche e colombiane, per il business dello
spacci odi stupefacenti, divenuto sempre più importante per il gruppo, anche a
causa delle crescenti difficoltà nell’operare nel riciclaggio, legate al
controllo delle forze dell’ordine, al ciclo dell’edilizia fermo a causa della
crisi economica, ed al maggiore controllo sul territorio che rende più
difficile (anche se non certo impossibile) il lucroso business dello
smaltimento illegale dei rifiuti tossici e pericolosi, la vera “vocazione”
criminale del clan. Accessoriamente al traffico degli stupefacenti, permangono
importanti l’estorsione (anche a fini intimidatori, come detto) ed il racket
sui videopoker).
Francesco Bidognetti
Antonio Iovine
Francesco Schiavone
Rispetto agli altri clan, spicca
l’attività dei Belforte, egemoni a Marcianise, anche loro operanti nel business
dei rifiuti, che insieme al gruppo Piccolo, mantengono un rapporto di non
belligeranza e divisione del territorio con i Casalesi. A febbraio di quest’anno,
una vasta operazione dei carabinieri ha condotto all’arresto di 20 persone,
ritenute affiliate ai clan federati dei Bifone e dei Petruolo, che, nei periodi
“d’oro” della camorra casertana, ovvero nel 2004, erano arrivati addirittura a
minacciare due sottufficiali dei carabinieri.
Nell’insieme, la camorra
casertana sembra attraversata da una fase di cambiamento generazionale, ed
anche di riposizionamento dei propri affari criminali (presi di mira anche gli
ospedali, per il business della gestione dei bar interni, e per quello della manutenzione
delle strutture) che però non sembra affatto averne indebolito la “presa” sul
territorio, come dimostrano alcuni episodi, ad esempio quello emerso nel corso
dell’arresto di alcuni affiliati al clan dei Muzzoni, che costringevano i titolari di un locale a Cellole ad ospitare
cerimonie e ricevimenti per i loro familiari, senza essere pagati e senza poter
rifiutare. Oppure la clamorosa bomba-carta gettata contro l’abitazione del vicesindaco
di Mondragone, poche ore dopo una manifestazione anti-camorra di tutto il
paese. Una intimidazione evidentemente rivolta a chiarire “chi comanda”.
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